Non ci sono risposte fisiche sbagliate
Molte terapie portano il cliente a credere che il suo corpo risponda inadeguatamente.
Provate qualcosa di diverso con i pazienti, dite loro che sono stati traumatizzati, che dovrebbero celebrare le risposte del loro corpo, anche se i profondi stati fisiologici e comportamentali di cui stanno facendo esperienza attualmente limitano la loro abilità di funzionare nel mondo sociale. Dovrebbero celebrare le risposte del loro corpo, poiché queste risposte hanno consentito loro di sopravvivere. Hanno salvato le loro vite. Hanno ridotto parte delle ferite. Se fossero stati oppositivi durante un evento aggressivo traumatico, come uno stupro, avrebbero potuto essere uccisi.

Dite loro di celebrare come il loro corpo ha risposto, invece di farli sentire colpevoli per il fatto che il loro corpo ha fallito quando volevano essere sociali, e vediamo cosa succede.

Quando i clinici riferirono ai loro clienti questo semplice messaggio, ho iniziato a ricevere email su quanto i loro clienti fossero migliorati spontaneamente. Penso che questo sia accaduto perché i pazienti hanno iniziato a vedersi come persone che non hanno fatto qualcosa di sbagliato.

Tutto ciò è coerente con un altro punto su cui frequentemente mi soffermo e cioè che non esiste una risposta sbagliata. Vi sono solo risposte adattive. Il fatto più importante da considerare è che il nostro sistema nervoso sta cercando di fare la cosa giusta affinché riusciamo a sopravvivere, e dobbiamo rispettare quello che ha fatto. Quando riusciremo a rispettare le risposte del nostro corpo, non avremo più questa attitudine giudicante, diverremo più rispettosi di noi stessi e questo contribuirà funzionalmente al processo di guarigione.

Ora, ricorda, cosa si verifica nella maggior parte delle terapie? Le terapie spesso passano il messaggio al paziente del fatto che il suo corpo non si sta comportando adeguatamente. Ai pazienti viene detto che hanno bisogno di essere diversi. Hanno bisogno di cambiare. Perciò la terapia in sé è straordinariamente giudicante verso l’individuo. E una volta che siamo giudicati, ci troviamo fondamentalmente all’interno di stati difensivi. Non ci troviamo in stati di sicurezza.

 

Stephen W. Porges (neuroricercatore)