Sport esperienziale
Come la consapevolezza del proprio piede già cambia il nostro modo di fare sport.
Il tennis e la canoa sono due sport diversamente interessanti per la ricerca esperienziale, uno prettamente "situazionale", l'altro "ciclico" ma con difficoltà esecutive notevoli per lo scarso equilibrio e le variabili ambientali.

A conferma del fatto che il principio del “piacere” è la guida più sincera delle nostre azioni, appena fatto il seminario di anatomia esperienziale sul piede, ho sentito la necessità di giocare di nuovo a tennis con le “fivefingers” (scarpe in commercio che permettono il movimento indipendente delle dita dei piedi).

Inutile dire come ho potuto apprezzare ancora di più la congruenza dei movimenti e la conseguente efficacia e piacevolezza nel colpire la palla.

L’aspetto più interessante ho però potuto apprezzarlo dopo la partita, allorché mi sono reso conto di “sentire” il piede in un modo entusiasmante: aperto, pulsante, respirante, vivo.

Camminando riuscivo ad apprezzare il ritmo dei metatarsi, l’avvolgimento e lo svolgimento dell’elica podalica, lo stacco da terra come momenti separati ed uniti al momento stesso; riuscivo a discriminare col “tatto podalico” ogni minima asperità del terreno, ogni irregolarità. E riuscivo a percepire come il piede stesso vi si adeguasse perfettamente.

Questa per me è un’ulteriore conferma di come la tensostruttura corporea lavora tutta assieme e di come la libertà di movimento del piede sia fondamentale per avere dei movimenti coordinati che lubrificano le articolazioni invece di infiammarle.

Se le calzature costituiscono una forzatura innaturale per il piede, nel tennis, poi, sono addirittura un attrezzo infernale: costringono il piede dentro una morsa mentre il resto del corpo è sottoposto a torsioni e avvitamenti che coinvolgono tutti i piani spaziali.

Negli ultimi anni dopo ogni volta che giocavo a tennis mi facevano male non solo i piedi ma anche le ginocchia e la schiena. D’altra parte ero in buona compagnia, i tennisti amatoriali sono gente strana, ho visto persone imbottirsi di antidolorifici come misura preventiva ancora prima di giocare.

In passato non avrei mai sospettato che una partita di tennis potesse dare questi benefici. Avevo piuttosto la prova del contrario: ho visto decine e decine di tennisti trascinarsi sui campi con ginocchia e caviglie scassate…

“Il tennis è uno sport usurante: gioca di meno…” era il commento prevalente…

È sorprendente come attraverso un approccio esperienziale all’anatomia si possano invece ribaltare in un istante pregiudizi errati radicati negli anni.

Ps:

Oggi sono tornato in canoa dopo una decina di giorni. Appena entrato ho potuto percepire distintamente la “qualità” dell’appoggio dei piedi sulla pedaliera, era come se la canoa fosse più “mia”, quasi un’estensione del corpo.

Questo mi consentiva sicuramente una maggiore coesione dei movimenti, riuscivo a percepire le linee di forza proprio a partire dal piede.

Contrariamente a quello che può apparire ai profani e ai neofiti la canoa è soprattutto uno sport di arti inferiori e tronco, quindi è assolutamente logico, in ottica sportivo-esperienziale, che la ricerca di un “buon radicamento” sia una chiave tecnica importante…

Fabio Passafiume