Il piacere di giocare
La stupida tensione nervosa instillata nei giocatori italiani fin da giovanissimi.
«Con il risultato - dice Fabio Capello - che quando scendono in campo preferirebbero essere da qualche altra parte. Per loro è un lavoro. Non è divertimento, non è un gioco. Quand'ero al Real Madrid dopo l'allenamento si fermavano tutti a mangiare, a fare i massaggi, andavano in palestra insieme. In Italia fanno quello che devono fare e se ne vanno. Manca la gioia interiore. È come se non fossero contenti di fare i calciatori.»

José Mourinho la pensa allo stesso modo. «Vai a vedere la Nazionale italiana Under 16 e ti trovi tanti piccoli Maldini che corrono per il campo senza mai sorridere, impegnati solo ad aggredire l’avversario, forti, disciplinati sostiene. Niente concessioni allo spettacolo, si gioca per vincere e basta. E se si deve barare, si bara. Se si deve buttare il pallone in tribuna, non si fanno complimenti. Se l’allenatore deve schierare un difensore all’ultimo minuto, non ci pensa due volte. Devi vincere, ti insegnano a vincere. Qui in Inghilterra, invece, ci sono molte più emozioni. È parte della loro cultura, è quello che vogliono: giocare».

G. Vialli
Dal libro: The Italian Job