Avevo dieci anni e, immagino, un senso poco sviluppato di ciò che era giusto o sbagliato, ma mi sembrava ingiusto che il gol fosse valido. Non appena la palla arrivò nella nostra area, feci un clamoroso fallo di mano, cercando volontariamente di provocare un rigore. Era il mio modo di riequilibrare le cose.
Don Angelo però la vedeva diversamente. Corse verso di me, prese la palla e cominciò a farmi la predica. Mi sembra ancora di vederlo mentre agita il dito davanti al mio volto, «No! Queste cose non si fanno! Lo so perché l’hai fatto. Pensavi che il gol di prima non fosse giusto e volevi pareggiare il conto. Pensi che questa sia sportività? Questa non è sportività. Sportività vuoi dire accettare quel che succede in campo, che sia a tuo favore o a tuo sfavore…»