Una domanda pratica
Alla fine l’estetismo contemporaneo ottiene i risultati che si prefigge?

Il bruto computo degli anni, del tempo che passa, del volto che si segna, non è poi così leggero da digerire.

Se vogliamo essere schietti, a proposito di lifting, belletti, tecnologie e mitologie pro-Juventute, dobbiamo prima di tutto ammettere che la tentazione è forte e la posta è seria, tutt’altro che futile. La posta non è tale, comunque, per poter essere liquidata con uno sberleffo “morale”, che declassi nella categoria della pura vanità la necessità di sopravvivere bene al tempo e alle fatiche.

La vera questione, allora, non è maledire perché immorali i rifacimenti di connotati e la censura delle rughe. La vera questione è domandarsi se gli scopi (comprensibili e  giusti) dell’estetismo contemporaneo ottengono, alla fine, i risultati che dicono: cioè se il tiraggio delle facce, la cancellazione delle espressioni, lo stiramento delle sgualciture, producono uomini e donne davvero più “belli”, che a guardarli ci si sente contenti e rassicurati. E non piuttosto maschere inquietanti, che nello sforzo vano di alludere alla giovinezza, indicano, all’opposto, l’invincibilità del tempo, risultano patetiche e irrisolte, denunciando una frustrazione, un fallimento e non certo un successo.

Michele Serra
da la Repubblica