“Sfortunatamente la classe medica considera il racconto del paziente come la forma più bassa della scienza”. Probabilmente avete anche voi avuto questa esperienza. State attendendo nella sala visite dello studio del vostro medico. Quando il medico entra due sono le cose che sicuramente succedono. Voi iniziate a raccontare e il medico vi interromperà. Vent’anni fa quando i ricercatori iniziarono a filmare gli incontri medico-paziente nella sala visite scoprirono che i medici interrompono i loro pazienti mediamente dopo circa ventuno secondi. Recentemente un altro gruppo di ricercatori ha ripetuto lo studio trovando un miglioramento: i medici ora attendono in media ventitre secondi prima di interrompere.
“Sfortunatamente la classe medica considera il racconto del paziente come la forma più bassa della scienza”. Probabilmente avete anche voi avuto questa esperienza. State attendendo nella sala visite dello studio del vostro medico. Quando il medico entra due sono le cose che sicuramente succedono. Voi iniziate a raccontare e il medico vi interromperà. Vent’anni fa quando i ricercatori iniziarono a filmare gli incontri medico-paziente nella sala visite scoprirono che i medici interrompono i loro pazienti mediamente dopo circa ventuno secondi. Recentemente un altro gruppo di ricercatori ha ripetuto lo studio trovando un miglioramento: i medici ora attendono in media ventitre secondi prima di interrompere.
Ma, grazie in larga parte al lavoro della dr.ssa Rita Charon, professore della Columbia University Medical School, che sta cercando di mettere i racconti dei pazienti al centro della diagnosi e cura, l’approccio strettamente fattuale nella cura dei pazienti forse cambierà. Nei suoi turni in ospedale, quando era ancora una giovane internista, la Dr.ssa Charon scoprì che molto di ciò che faceva come medico aveva a che fare con i racconti dei pazienti. Essi infatti spiegavano i loro malesseri raccontando. I medici a loro volta ripetevano le proprie storie. Il raccontare era dovunque. Dovunque salvo nel curriculum delle scuole di medicina o nella coscienza degli studenti o degli insegnanti.