Lo squilibrio
Qual è l'ispirazione anatomica della danza contemporanea?
L’Embodied Anatomy di Bonnie Bainbridge Cohen, così come l’Anatomia Esperienziale sviluppata dal Centro Studi Pensarecolcorpo in Italia, si basano sempre sul corpo, vissuto proprio attraverso il movimento e il tocco. La parte cognitiva tradizionale, costituita da tavole, modelli anatomici fissi e rigidi, immagini microscopiche, costituisce solo un primo aspetto.

Il contributo più originale che arriva da questo campo di ricerca riguarda probabilmente la rappresentazione che abbiamo del nostro corpo. Se pensiamo, per esempio, ai nostri muscoli come a un continuum senza soluzione di continuità, che comprende anche la fascia connettivale e le ossa, questo ha un effetto molto significativo sul movimento e sulla postura.

«Sono aspetti dell’anatomia classica che studiamo come se fossero strutture isolate», spiega ancora Remo Rostagno. «Ma per lo sport o la danza diventa molto più interessante se impariamo a pensarci come, appunto, un continuum di azione, piuttosto che come singoli muscoli, ossa distinte, legamenti e tendini, insomma come tante strutture a sé stanti. E riesce anche a dare molto più benessere riuscire a percepirsi come immersi in un tutto, in un bagno connettivale che unisce contenitore, contenuto, strutture, organi, nervi e che rende il corpo così fluido e perfino piacevole al tocco».

L’aspetto anatomico che mettiamo in primo piano cambia dunque la qualità del movimento. Qual è allora l’ispirazione anatomica, se possiamo chiamarla così, della danza contemporanea? «Il sistema nervoso, senza alcun dubbio», risponde ancora Rostagno. «Le nuove coreografie sono tutte così e il trauma, il grido e il fortissimo prevalgono su tutto il resto. Ne nascono quindi danze molto veloci, che sacrificano la pulsazione tra impulso interno ed espressione esterna, eliminano ogni pausa, ogni possibilità di metabolizzare le esperienze, integrarle, farle proprie. In altre parole non fanno che rispecchiare la contemporaneità, dove manca proprio ogni equilibrio tra azione e riposo».

R. Denicolò