Alcuni giorni dopo il primo corso di anatomia esperienziale che ho fatto, sono andato al campetto da calcio, sotto casa, con mio figlio. Ho provato a fare la verticale. Non so perchè, forse mi sembrava una cosa bella da fare con mio figlio. Un modo per tornare un po’ bambino ed avvicinarmi a lui… mio padre faceva verticali spettacolari ed era in grado di stare sulle mani per mooolti minuti e su qualsiasi terreno. Per me, era sempre stata un’attività da fare solo quando sei grande. Come se, da bambino, avessi l’idea che mi mancava una qualche capacità, necessaria per compiere quell’esercizio. E poi, una parte di me vedeva quell’esercizio, un po’ come una stupida dimostrazione di capacità “fisica”. Insomma mai riuscito a stare sulle mani.
Quel pomeriggio, con mio figlio, qualche giorno dopo il corso ho provato a mettermi sulle mani e, come se fosse la cosa (semplicemente) più naturale del mondo, ci sono rimasto per 5 minuti. Ma la vera scoperta, per me, è stata che quella cosa mi faceva divertire. Ecco, mi faceva sentire vivo.
Ora so che non c’era nulla che mi mancava (come capacità fisiche o mentali), ma anzi era il contrario. Era il pensare che fosse una cosa solo per i grandi e forse il pensare che fosse una cosa un po’ stupida a “bloccarmi”. Le capacità le avevo allora, come le ho adesso.
Ieri mattina ero in ufficio. Ed ho partecipato ad una video conference call con un mio cliente italiano ed una banca francese. Si parlava tutti quanti in inglese. Il mio inglese è tutt’altro che fluent. Possiamo dire che me la cavicchio, ma mi mancano un sacco di vocaboli e un sacco di “modi di dire”. Per finire, ovviamente, mi perdo dei bei pezzi di discorso, soprattutto se si parla di robe tecniche di bilanci, regolamentazioni etc.
E questa era esattamente la situazione.
Tempo fa c’avrei pensato nei due giorni precedenti. Avrei pensato a tutti i trucchetti per poter intervenire il meno possibile. Ma soprattutto mi sarei, in qualche modo, convinto della non necessità di intervenire e dire la mia.
Ieri mattina, ad un certo punto, mi sono trovato (ovviamente con il mio inglese basic, ma ostentato con grande sicurezza) a fare battute sull’economia keynesiana a tutti i partecipanti, scatenando l’ilarità generale. Non la smettevano più di ridere…
Quando si è poi riiniziato a parlare di cose “serie”, mi sono ritrovato esattamente come quando sono sceso dalle mani…. Vivo, sicuro di me, contento.
E’ un po’ la stessa cosa che sto provando adesso.
Le dita battono sulla tastiera mentre il bimbo qua dentro se la spassa. Non penso a cosa scrivere, non penso a come scriverlo. E mi sento vivo e contento.
So, perchè lo sento, che queste cose succedono perchè ho imparato a stare (un po’ di più) nel mio corpo e che da lì arrivano le risorse. E so che questo approccio esperienziale al nostro corpo e alla nostra anatomia non è un miracolo, ma “solo” una “modalità”. Dove non ci sono guru che fanno miracoli (lo so è un duro colpo questo per loro), ma solo persone coraggiose, curiose, genuine.
E’ come se stessi scoprendo di avere normalmente un velo davanti agli occhi. Mi sforzo di vedere le cose a fuoco, ma il mondo (e quello che ne penso) ha sempre, con sfumature che dipendono dal momento, un che di negativo. Come se ci fosse sempre un rammarico (se penso al passato) o una fregatura (se penso al futuro). Come se dovesse/potesse ovviamente essere meglio, se sono con una persona. Come se avessi potuto fare diversamente se penso ad un’azione compiuta.
E questo lo so e lo sento proprio perchè ogni tanto ho dei momenti infinitesimali ma concreti, in cui questo velo scende… e mi trovo con i piedi per terra e tutto ha un altro colore, odore, senso, bellezza…