Il potere del gioco
La vera alternativa al ri-pensare con la testa.
Ieri sera mio padre era stupito dal fatto di non riuscire più a mandare le mail dal suo telefonino. Per essere un signore di quasi settant’anni non è male.

Lui pasticcia sul pc. E’ capace di scannerizzare un documento o creare una tabella su excel, per dire. Però è un signore di settant’anni. Cioè era giovane negli anni sessanta. Nella sua testa l’idea di computer o di cellulare è di una cosa seria, di valore, uno strumento affidabile ed efficiente e non certo facile.

E così provava e riprovava. Ma nulla. E gli serviva che funzionasse, visto che stava per partire per le vacanze.

Mosso a pietà ho preso ‘sto telefonino in mano (io più o meno ci capisco, ma di ‘ste cose non c’ho voglia… non so se mi spiego). C’era scritto: “password?”. L’ho detto a mio padre. S’è illuminato. Aveva dovuto cambiare la password della mail sul pc e avrebbe dovuto aggiornarla anche lì.

Ora, lo so, penserete che io non ammetta che è rincoglionito perché e mio padre. Potrebbe essere. Ma potrebbe anche non essere così.

Ci fissiamo sulle idee. Sì! Ci facciamo delle idee (a volte per comodità le pigliamo dagli altri) e poi le fissiamo. Come mettere dei quadri appesi al muro e poi tenere sempre e solo quelli. La fregatura, con le idee, è che non possiamo gestirne una quantità infinita. Se ci fissiamo con alcune non c’è più spazio per altre, come per i quadri. Oltretutto finisce che ci affezioniamo pure a certe idee. Come al percorso che facciamo ogni giorno per andare al lavoro, rifacciamo sempre lo stesso. Non sappiamo neppure più il motivo. Dà sicurezza, forse…

E cosi si passa dalla singola idea ad una cosa che potremmo chiamare la nostra “modalità”. Proprio come un percorso è un susseguirsi di strade, incroci, muri, case. Così la nostra “modalità” è un susseguirsi di idee, approcci, modi di fare. Modi di reagire, insomma un susseguirsi di pensieri.

È solo la fissazione che mio padre ha nei confronti del pc/cellulare a determinarne la modalità d’uso. Lo tratta con rispetto. Con deferenza. Sa che deve ragionarci. Non è immediato. Ecco… è il contrario di un gioco. Insomma, fissato nelle sue idee, è “rigido” quando lo tocca.

L’esatto contrario di mio figlio che prende ‘sto cellulare e ci gioca. Punto e basta.

Ecco. Ero lì che mi farfugliavo queste cose per la testa.. anche un po’ tronfio per la qualità, limpidezza, astrazione e utilità dei miei pensieri che ho riguardato mio padre. Nel frattempo si era seduto per terra, di fianco alla culletta di mia figlia di 6 mesi. Ve lo giuro: ci mancava poco che sbrodolasse per terra. Le faceva dei versetti che l’avrei cacciato di casa. Le sue manone da contadino erano impacciate ma delicatissime su quelle guanciotte piene di latte. Ve lo giuro: erano due bimbi di sei mesi a quel punto.

La guardava come se fosse un angelo sceso dal cielo.

Mi guardava come per dire: non c’è nulla di più bello al mondo.

Lì ho capito. Perché anche io adoro quella bimba, ma… ecco ci sono dei MA!

Io sono il papà. E qua partono le mie di fissazioni. E non è che sono stupide o sbagliate. È che se ci sto fissato penso sempre e solo le solite cose. Che vanno da “avrà mangiato abbastanza?” a “come mai si gratta cosi forte in testa da farsi dei taglietti?” a “speriamo che cresca sana e bella come il fratello” etc etc etc… ognuno ne ha a migliaia di questi pensieri che ronzano per la testa.

Lì sta la differenza. Mio papà è SOLO il nonno. E quindi mica si fa seghe mentali sulla crescita della piccolina. Se la gode. Detto male ma per farmi capire: per mio padre, mia figlia è un gioco… è SOLO una gioia.

La fissazione che mio papà ha nell’usare il cellulare è la stessa che io ho nel guardare gli occhioni di mia figlia.

Per uscirne c’è solo un modo. Fare come fa mio figlio quando usa il cellulare del nonno: ci gioca!

Senza regole, senza un momento in cui si inizia, senza degli stadi intermedi e soprattutto senza un traguardo. Senza una “modalità”.

Ma per uscire dal solito percorso che facciamo tutti i giorni per andare al lavoro e che abbiamo pianificato o comunque scelto con la testa abbiamo due modi.

Uno finto: metterci a pensare a tavolino ad un nuovo, migliore percorso, ma che inevitabilmente, per vizio innato, ci fisseremo.

Uno vero: smettere di usare (solo) la testa e provare vere alternative. Dall’altra parte della testa c’è solo una cosa: il corpo!

È come quando parli con una persona di quelle che vogliono convincerti che loro trovano sempre parcheggio. Anche nell’ora di punta. E proprio davanti a casa.

Io non ci credo, mai. Ma non perché sappia che non è vero.

Ma perché la mia modalità che non mi fa mai trovare parcheggio è la stessa che non mi permette di credere che ci siano persone per le quali è naturale trovarlo. E anche quando lo VEDO succedere (è sufficiente che abbia mia moglie seduta al mio fianco) trovo mille scuse e spiegazioni per dimostrarmi che non è cosi.

Mio padre non poteva ammettersi che fosse una cosa così stupida come inserire una password…

Andrea Ambrogio