Beoti ma contenti
L’evoluzione della nostra specie non ci ha costruito per ragionare in ambienti invasivi e intermittenti, saltabeccando qua e là.
I nostri antenati dovevano reagire a informazioni sui pericoli provenienti da un ambiente ostile. Ci serviva un’attenzione concentrata che agisse rapida ed era inutile una grande memoria di lavoro.

La memoria di lavoro è un filtro di piccole dimensioni per cui passano tutte le informazioni prima di essere incapsulate in un cassetto di quell’armadio che è il magazzino permanente della memoria. Se una persona vi dice un numero nuovo di telefono, dovete ripeterlo fino a quando lo depositate in una memoria artificiale esterna, un pezzo di carta o un computer.

Questo filtro immodificabile che sta tra noi e il mondo funziona come un imbuto strettissimo.

Se ci interrompono, dobbiamo smettere di stare attenti a quello che stiamo facendo, e concentrarci per un attimo sulla nuova informazione. Siamo dentro una melassa che cattura l’attenzione per attimi, e tuttavia ci trattiene e ci intrattiene. Spesso, se viene a mancare, sentiamo di galleggiare nel vuoto, fuori dalla grande rete dove sta l’azione e la vita.

Forse in questo gli scrittori di fantascienza di un secolo fa avevano visto giusto. Il nuovo mondo ci rende un po’ beoti ma contenti, e i pochi che vengono raramente interrotti, e si concentrano, sono quelli che finiscono per cambiare il mondo.

P. Legrenzi
Da La Repubblica