Il mito del sacrificio
Perché il suo vero scopo non è la nostra realizzazione, ma la nostra subalternità.
Se cresciamo in un contesto in cui la benevolenza di chi ha potere è una precondizione irrinunciabile, è possibile che con le buone o con le cattive ci venga suggerito di anteporre la soddisfazione dei suoi bisogni ai nostri, ovvero di ‘sacrificarci’. 

Ufficialmente per un ideale famigliare, politico o spirituale, perché quando chi ci chiede sacrifici lo fa per soddisfare i propri interessi, di certo non dichiara di farlo per questo motivo, ma lo nasconde dietro il nome dell’ideale più plausibile in relazione al sacrificio richiesto: famiglia, patria, Dio etc. In questo modo la capacità di sacrificarsi, da mezzo, diventa un fine, perché il suo obbiettivo reale, dall’essere quello di una precondizione per una migliore e maggiore soddisfazione dei nostri bisogni, diventa invece quello di farci rinunciare a questi per poter servire quelli altrui. Se questa diventa una condizione permanente, al di là delle nostre convinzioni, in realtà non ci porta da nessuna parte, perché il suo vero scopo non è la nostra realizzazione, ma la nostra subalternità.

Jader Tolja