A cosa serve il pensiero magico?
Ce lo svela il comportamento dei pescatori polinesiani.

Sulle isole Trobriand, piccoli lembi di terra nel Sud del Pacifico, gli isolani presentavano una particolarità: erano infatti presenti contemporaneamente tra i Trobriandesi due tipi di pesca.

Una condotta vicino alle coste, l’altra in alto mare. Sebbene le due forme di pesca possano apparire molto similari, la prima veniva condotta senza alcun rituale mentre la seconda, quella in alto mare, era connessa con attività propiziatorie. Malinowski giunse perciò alla conclusione che di fronte a avvenimenti carichi di imprevedibilità, l’umanità tutta tende a fare attività rituali in grado di dare una risposta allo stato emotivo.

La magia, pertanto, è un fenomeno compensatorio, sostitutivo, in grado di esorcizzare la presenza inquietante dell’ ignoto. Le capacità umane hanno dei limiti ben precisi, oltre i quali “gli sforzi pratici fondati razionalmente” non valgono nulla. Secondo l’interpretazione di Malinowski la magia compare in tutte quelle attività della sfera umana dove l’abilità manuale e la conoscenza non sono sufficienti per garantire la certezza del successo: gli uomini ricorrono alla magia solo nel momento in cui sanno di non poter esercitare un controllo sul “caso”.

Tania Re
dall’articolo ‘Lo svelamento del simbolo e la danza del rito’ sulla rivista Monografie di Gestalt