Vedendo questa polarizzazione, fra l’individualismo ateo e permissivo da una parte e l’opposizione collettiva e religiosa dall’altra, si possono immaginare due altre posizioni ideologiche che non hanno avuto la possibilità di essere esplorate nel caso in cui una nascita non sia benvenuta: 1) essere contro l’aborto e il controllo delle nascite, ma in modo discreto, vivendo secondo la propria fede e non forzando nessuno a condividere; 2) essere a favore dell’aborto e recuperarne l’aspetto religioso e il significato collettivo.
Quest’ultimo atteggiamento è quello che c’interessa, poiché si tratta di reintrodurre lo spirito di Artemide. Conoscendo infatti le ripercussioni che la scelta dell’aborto può avere sulla psiche delle donne, i suoi effetti sull’equilibrio o lo squilibrio di una famiglia e sull’ecologia globale, si può auspicare che un tale gesto faccia parte del “religioso”. Si tratta dopotutto di un incontro con la morte e dell’esercizio cosciente di uno degli istinti più potenti. Il fatto che il controllo delle nascite sia sempre stato un interesse vitale per le donne, ma che queste questioni siano trattate in confessionale piuttosto che all’altare, è probabilmente un’altra conseguenza di una religione che si è dissociata da tutti i misteri legati alla donna. Significa rifiutare di vedere che la pratica del controllo delle nascite e dell’aborto possa essere una forma estremamente evoluta della coscienza femminile. Dall’esercizio e dall’affinamento di questa coscienza può dipendere l’equilibrio di tutta la comunità umana.