La spiritualità dionisiaca
Dioniso non ha senso se si esclude il corpo dalla nostra concezione della spiritualità.
Anche se è vero che per i greci ékstasis significa che l'anima, per qualche istante, si libera dal suo aggancio con il corpo e che si è "accanto a se stesso", questo non smentisce comunque il fatto che si arriva all'estasi dionisiaca attraverso l'intensificazione delle sensazioni corporee.

L’aggettivo brómios, usato spesso a proposito di Dioniso, si può tradurre con “rumoroso”, ma, come suggerisce Jeanmaire, si può tradurre anche con “mormorante” o “fremente”, e questo si addice allo stato di eccitazione dionisiaca, in cui il corpo e l’anima si commuovono reciprocamente. L’esplosione dionisiaca ci sprofonda nella parte notturna di noi stessi e della vita, in uno stato di intimità con l’organico, l’umido e anche il sanguinante.

Questo stato di eccitazione è primitivo, ma non è facile da raggiungere: non basta bere, mangiare, gridare, danzare o fare l’amore all’eccesso, per arrivare all’estasi. Perché l’iniziazione a Dioniso dovrebbe essere meno disseminata di trappole dell’iniziazione a tutte le altre divinità? Sulla via della liberazione sessuale, ci s’imbatte spesso in un torrente di fango invece che nell’estasi che si cercava, e l’iniziazione a Dioniso, nonostante l’apparente facilità, non si ottiene lasciandosi andare pigramente a tutti i capricci dei sensi.

L’alcool e le droghe psicotrope possono sciogliere la lingua e “aprire le porte della percezione”, ma aprono in modo altrettanto sicuro quelle della distruzione e della paranoia. Dioniso porta l’intensità, ma esaurisce anche la nostra energia vitale, se non si impara una modalità diversa da quella dello “spendere e spandere”.

Ma è certo che Dioniso ci fa impazzire e ci distrugge anche se gli si rifiuta la sua parte di onore, ossia se, credendo di mettersi al riparo dal disordine dei sensi, ci si vieta qualsiasi esplosione, qualsiasi eccesso, qualsiasi follia. Dioniso non tollera che ci si governi unicamente con i lumi della ragione e della coscienza diurna.

G. Paris
Dal libro “Hermes e Dioniso”