E lui: “Perché parla di scoprirsi, di raccontare la nostra storia, di essere vulnerabili. Ma vede i libri che ha appena firmato per mia moglie e le mie tre figlie?”. Risposi: “Sì”. Preferirebbero vedermi morire cavalcando il mio cavallo bianco piuttosto che vedermi cadere. Se noi proviamo a esporci e ad essere vulnerabili ci fanno neri. E non mi dica che siamo così per via degli amici, degli allenatori e dei padri, perché le donne della mia vita sono le più dure di tutti nei miei confronti”.
Così ho iniziato a intervistare gli uomini e a far loro domande; questo è quello che ho imparato.
Fammi vedere una donna capace di stare vicino a un uomo, completamente vulnerabile e timorosa: quella è una donna che ha fatto degli enormi progressi.
Indicami un uomo che sa stare accanto a una donna che non ce la fa più e non riesce più a fare tutto, e che la sua prima risposta non è: “Ho svuotato la lavastoviglie”, ma si mette ad ascoltarla davvero – perché abbiamo bisogno solo di questo – e vedrai un uomo che ha lavorato molto su se stesso.