Ed è noto che i gruppi seguono le opinioni della persona più carismatica e dominante, senza che vi sia la minima correlazione tra l’essere il miglior oratore e avere le idee migliori – assolutamente nessuna. Quindi… (Risate) Potreste seguire la persona con le migliori idee, o potete non farlo. Ma volete veramente lasciare decidere al caso? È molto meglio per tutti che ciascuno vada per conto suo, produca le proprie idee libero dalle distorsioni delle dinamiche di gruppo, per poi unirsi in gruppo per discutere in un ambiente ben gestito e partire da lì.
Se tutto questo è vero, allora perché ci sbagliamo? Perché organizziamo le nostre scuole e i luoghi di lavoro in questo modo? Perché facciamo sentire gli introversi così colpevoli nel volersi isolare ogni tanto? Una risposta ha radici nella nostra cultura. Le società occidentali, gli Stati Uniti in particolare, hanno sempre favorito l’uomo d’azione rispetto all’uomo contemplativo e dico “uomo” contemplativo. Ma nell’America dei primi tempi, vivevamo in quello che gli storici chiamano una cultura di carattere, dove, all’epoca si valorizzavano ancora le persone per la loro vita interiore e per la rettitudine morale.
Ma poi arrivando al 20° secolo siamo entrati in una nuova cultura che gli storici chiamano la cultura della personalità. Quello che è successo è che siamo passati da un’economia agricola a un mondo di grandi imprese. E improvvisamente la gente si sposta dalle piccole alle grandi città. E invece di lavorare con persone che conoscono da tutta la vita, si devono mettere alla prova in una folla di sconosciuti. E così, comprensibilmente, qualità come il magnetismo e il carisma improvvisamente diventano molto importanti. E infatti, i libri di auto-aiuto cambiano per rispondere a questi nuovi bisogni e cominciano ad avere titoli del tipo: “Come farsi degli amici e influenzare le persone”. E presentano come modelli di ruolo i grandi venditori. Questo è il mondo in cui viviamo oggi. Questa è la nostra eredità culturale.