Il figlio come uomo ideale
Una società che denigra le donne
genera madri invidiose,
che generano maschi narcisisti,
portati a loro volta a denigrare le donne.
P.E. Slater
Percepire il proprio corpo permette di 'sentire' chi si è veramente al di là delle idealizzazioni altrui.
Se la donna vive prevalentemente tra le mura domestiche non ha alcun potere sociale o economico, e probabilmente è immatura, incolta, insoddisfatta, frustrata, ma ha grande potere in famiglia, soprattutto sui figli. Come risulta dagli studi sulla famiglia americana, la partecipazione e il potere procedono tenendosi per mano: più la donna è prigioniera della casa, dove l'uomo la lascia sola, più in casa cresce il suo potere.

L’influenza psicologica delle donne non ha niente a che vedere con la loro posizione sociale. Se un bambino cresce sotto il dominio femminile, il potere della madre sarà decisivo nel suo sviluppo. Più tardi imparerà a svalutare e a disprezzare le donne, senza tuttavia liberarsi dalla dipendenza e dalla paura.

Secondo recenti ricerche sociologiche il rapporto molto stretto fra madre e figlio nelle nostre classi medie è determinato in parte dall’assenza del padre. Ma se la famiglia è dominata dalla madre ed evitata dal padre, spesso la madre sceglie il figlio come sostituto idealizzato del marito. Quando in una società è forte l’antagonismo sessuale, la posizione sociale delle donne è modesta, ed è quindi intensa l’invidia del pene, alla donna non rimane altro campo di gratificazione e di soddisfazione emotiva che il rapporto con suo figlio.

In una situazione di inimicizia e di antagonismo tra i sessi, la diffidenza, il timore, l’invidia impediscono la relazione. Prima di tutto il partner deve essere rassicurante: come l’uomo si sente sicuro solo nel rapporto con una donna-fanciulla, immatura e dipendente, dichiaratamente inferiore a lui, così la donna si sente sicura nel rapporto con il figlio maschio, che è suo, soggetto al suo controllo e in balìa dei suoi capricci. La madre esalta il figlio come eroe-salvatore e insieme lo vive come prolungamento di se stessa: egli realizzerà i suoi sogni, soddisferà le sue ambizioni perennemente frustrate e le permetterà di vivere la propria vita attraverso quella di lui.

Si tratta di un atteggiamento narcisistico, in cui il figlio è per la madre non una persona a sé stante, separata da lei, ma l’espressione e insieme la cura delle sue ferite narcisistiche. Da questo atteggiamento materno dipende la struttura narcisistica della personalità del figlio. L’ambivalenza narcisistica della madre, che da un lato lo accetta come eroe idealizzato e dall’altro rifiuta le sue pretese maschili, genera in lui una grave instabilità dell’autostima: egli sente che se non è un grande eroe non è niente. Questa ambivalenza materna è centrata sulla virilità fisica del figlio: a causa dell’invidia del pene e dell’antagonismo verso gli uomini e verso il maschile, la madre è incapace di tollerare – con l’indulgenza che avrebbe una madre non invidiosa – l’orgoglio infantile del figlio per la propria virilità: d’altra parte essa stimola questo orgoglio e lo incoraggia continuamente. La virilità quindi acquista per il figlio un’enorme importanza.

Se il figlio è per sua madre l’unica ragione di vita e deve corrispondere alle sue aspettative come uomo ideale (sia come compagno che come eroe-salvatore), egli si sente sopraffatto e paralizzato, nell’impossibilità di compiere qualsiasi sviluppo…

S. Di Lorenzo
dal libro La grande madre.