I puritani emotivi
La nudità emotiva è nettamente più difficile di quella puramente fisica.
Essere fisicamente nudi è un fatto visivo, e quindi i puritani in questo campo possono essere facilmente braccati e i loro vestiti possono essere nascosti dai moralisti del piacere contemporanei, con tutto il loro insistere sull'essere fisicamente a proprio agio. Ma poiché il sé è incluso nel corpo, la ritrosia emotiva può richiedere un periodo di tempo maggiore per essere individuata, anche se in questo campo possono esserci altrettanti puritani, se non di più.

La nudità emotiva deriva dalla rivelazione fatta a un altro essere umano della propria debolezza e inadeguatezza – una forma di dipendenza che ci toglie la possibilità di imporci se non attraverso il semplice dato della nostra esistenza. Non possiamo più mentire o millantare, vantarci o nasconderci dietro le belle parole, come diceva Montaigne riguardo al momento della morte, quando, emotivamente nudi, dobbiamo parlare un francese sincero (o qualunque altra sia la nostra lingua).

Io mi spoglio emozionalmente quando confesso un bisogno – che sarei perso senza di te, che non sono esattamente la persona indipendente che ho tentato di apparire, ma sono un essere debole, molto meno ammirevole, che conosce poco il corso della vita o il suo significato. Quando piango e ti dico delle cose che confido terrai per te, mi sentirei distrutto se altri venissero a saperle: quando alle feste smetto il gioco degli sguardi e ammetto che sei tu quella che mi interessa, mi spoglio dell’illusione, così ben forgiata, dell’invulnerabilità. Divento fiducioso e vulnerabile, come chi, in quel gioco da circo, si trova legato a una tavola contro la quale un altro sta lanciando dei coltelli che lui stesso ha fornito.

Permetto che tu mi veda umiliato, insicuro, vacillante, privo di fiducia in me stesso, pieno di disprezzo per la mia persona e quindi incapace (nel caso ne avessi bisogno) di farti provare qualcosa di diverso. Se ti mostro la mia faccia spaventata alle tre del mattino, mi rivelo debole, pieno d’ansia verso l’esistenza, senza più quella filosofia ottimistica e arrogante che manifestavo a cena. Imparo così ad accettare l’enorme rischio che, anche se non sono la persona sicura che sembravo, anche se hai in mano un catalogo esaustivo delle mie paure e fobie, tu possa tuttavia amarmi lo stesso.

Cos’è dunque un rivestimento emotivo? È un intero guardaroba concepito apposta per preservare dalla vista di un altro la morbida interiorità, la simbolica vulnerabilità genitale, il grande segreto «Ho bisogno di te».

A. De Botton
Dal libro Il piacere di soffrire