Pensavo che fosse quello il modo per diventare un leader, e quindi mi comportai anch’io così per un certo tempo. Poi, un giorno, entrai nell’ufficio del capo delle risorse umane e gli dissi che avrei voluto fare il direttore finanziario. Lui mi guardò e mi rispose: “Non succederà mai e poi mai”. E mi spiegò perché no. In pratica, mi disse che mi mancavano le qualità umane per rapportarmi con le persone.
Uscii da quell’ufficio praticamente devastato. Fino ad allora, avevo emulato il direttore finanziario e, in tutta onestà, pensavo di aver fatto anche un buon lavoro. Quella conversazione mi ha portato a una ricerca introspettiva. Iniziai a farmi molte domande, a chiedermi chi volevo diventare e quale fosse la mia vera anima.
Mi resi conto che mi ero comportato contro la mia stessa natura e sentii il bisogno di cambiare.
Iniziai a capire che un approccio basato sul comando e sul controllo funziona nel breve periodo, perché la gente fa quello che dici solo per timore. Ma è un limite enorme su quanto a lungo ti seguiranno e quanto bene faranno il loro lavoro.
Ora non cerco di emulare più nessuno. Il mio modo di essere oggi è completamente coerente con la mia natura, e mi sento a mio agio nel fare quello che faccio.
Allo stesso modo, nell’azienda che dirigo, non ci interessano gli individualisti, persone che credono di essere “superstar”. L’era dell’uomo solitario che ha successo imponendo la propria volontà su un’intera organizzazione è morta e sepolta.