E se abolissimo la parola ‘preliminari’?
Una parola datata che rimanda a una concezione mentale e fuorviante della sessualità.

Preliminare: ciò che precede e prepara qualche cosa. Con accezione particolare, le attività erotiche che si compiono allo scopo di provocare l’eccitazione prima dell’atto sessuale vero e proprio.

La definizione arriva dal vocabolario Treccani e non è molto diversa da quella che potete trovare in altri dizionari. Ma molti sostengono sia sbagliata, o quantomeno incompleta: il nodo sta in quel “prima dell’atto sessuale vero e proprio”. Come ha ricordato la scrittrice americana Wednesday Martin, autrice di Vita di noi stesse (ed. Dea Planeta) durante il suo intervento al Tempo delle donne “uno dei grandi tabù erotici riguarda la definizione stessa di “sesso”, inteso come rapporto eterosessuale con il partner: invece non è solo questo”. Da qui però deriva la “classica” tripartizione: c’è un prima (i preliminari appunto), un durante (il rapporto sessuale “vero e proprio”, cioè la penetrazione) e un dopo (e qui lo stereotipo vuole che lui si addormenti e lei pretenda coccole). Però se cambiamo i parametri allargando la definizione del rapporto sessuale allora questa divisione salta.

Si scopre che non c’è un prima, un durante e un dopo ma un unico momento di intimità che non procede per fasi ma si sviluppa seguendo i desideri dei partner. Non solo di lei. Perché qui interviene un altro mito, quello che i preliminari servano soprattutto alle donne: questo implica che gli uomini, dal canto loro, siano sempre pronti all’intimità (e non è vero).

«Per decenni i preliminari sono stati considerati una sorta di antipasto alla portata principale. Con la conseguenza di creare aspettative per il dopo: il rischio è di causare disfunzioni erettili a lui e difficoltà a raggiungere il piacere a lei», analizza Roberta Rossi, psicoterapeuta dell’Istituto di sessuologia clinica di Roma e autrice del saggio Vengo prima io (ed. Fabbri Editori). Rischi che decadono se si inizia a considerare i preliminari come «passaggi che fanno già parte del rapporto sessuale e non devono per forza preludere ad altro. L’obiettivo dell’intimità non è il momento del piacere, ma l’intimità stessa: il piacere non deve essere per forza circoscritto a una determinata fase», spiega la studiosa. Nelle terapie sessuali «gran parte del lavoro è riabilitare questi atti, spostando l’attenzione della performance agli aspetti sensoriali. I preliminari, tra baci e carezze, ne sono ricchi».

Forse le nuove generazioni lo hanno già capito. Prendiamo il caso dei Millennial, i giovani che oggi hanno dai 18 ai 35 anni: secondo recenti sondaggi farebbero meno sesso rispetto a quelli che, vent’anni fa, erano i loro coetanei. Ma quando si chiede agli stessi se hanno rapporti intimi non penetrativi si scopre «che la percentuale è invece in aumento: per loro le cose sono già cambiate», sottolinea Rossi. E conclude: «Anziché considerare i preliminari l’antipasto in attesa del piatto forte, iniziamo a pensare all’intimità come a un tavolo pieno di piatti diversi tra i quali spaziare ed esplorare». Ecco perché c’è chi vuole cambiare la definizione di preliminare ma anche chi vorrebbe abolire la parola stessa.

Greta Sclaunich