Quando cominciamo a prestare un po’ di attenzione al nostro movimento e alle nostre posture, siamo invasi da un’enorme quantità di sensazioni. A volte così strano che dubitiamo se stiamo provando qualcosa o se lo immaginiamo.
Distinguere tra le due situazioni è una questione di entrarci e osservare per distinguerle.
Da quando ho iniziato a praticare yoga e meditazione, ho trovato due tipi di proposta nelle pratiche.
Da un lato, le visualizzazioni, in cui la persona che facilita la sessione ti chiede di proiettare una serie di immagini sul tuo corpo o sul tuo contesto: “Visualizza una luce bianca che riempie il tuo utero”, per esempio. E dall’altro le tecniche percettive, in cui il facilitatore invita all’osservazione concreta di qualcosa che sta accadendo in quei momenti. Ad esempio: “Osserva il tuo respiro”.
Sono passati anni prima che iniziassi a guardare ai diversi effetti di queste due proposte, che vanno in direzioni completamente opposte.
La visualizzazione impone, suggerisce, propone, un’immagine del mondo delle idee con l’intento di provocare un cambiamento nella materia. E la tecnica percettiva genera un’immagine nel mondo delle idee da ciò che si osserva, si sente, si percepisce, nel tangibile. Il primo va dalla mente al corpo e il secondo dal corpo alla mente.
Per fare un esempio molto concreto, che ho potuto vivere praticando l’Anatomia Esperienziale: non è la stessa cosa cercare nel tuo corpo quello che pensi sia il tuo fegato, oppure avvicinarti all’area dove sai che è più probabile che il tuo fegato sia e iniziare a notare i diversi movimenti, trame e temperature.
Nel primo caso, la visualizzazione, il tuo corpo cercherà di offrirti ciò che è più vicino alle tue aspettative o accetterà la tua frustrazione quando non troverà nulla di simile. Nel secondo caso, la tua mente genererà, con più o meno sorpresa, un’immagine di ciò che percepisci, di ciò che è il tuo corpo ora.