L’istinto dell’accusa
È l’istinto di trovare una ragione chiara e semplice per spiegare perché sia accaduta una cosa negativa.
L’ho provato di recente quando stavo facendo la doccia in hotel e ho girato al massimo la manopola dell’acqua calda. Non è successo nulla, ma nel giro di qualche istante, sono stato scottato dal getto bollente. In quei momenti mi sono infuriato con l’idraulico, quindi con il direttore e infine con l’ospite che forse aveva aperto l’acqua fredda nella camera accanto.

Però non c’era nessuno da accusare. Nessuno mi aveva causato un danno intenzionale né era stato negligente, tranne forse io stesso, che non avevo avuto la pazienza di ruotare la manopola più gradualmente. Pare ci venga naturale decidere che quando le cose vanno storte, deve essere per colpa di un individuo cattivo con cattive intenzioni. Ci piace credere che le cose succedano perché qualcuno ha voluto farle succedere, che gli individui abbiano potere e capacità d’intervento; altrimenti il mondo sembra imprevedibile, disorientante e spaventoso.

L’istinto dell’accusa ci induce a ingigantire l’importanza di individui o di gruppi particolari. Tale inclinazione a trovare un colpevole indebolisce la capacità di acquisire una vera comprensione del mondo basata sui fatti: ci deconcentra inducendoci a cercare ossessivamente qualcuno da incolpare, quindi impedisce l’apprendimento perché, una volta deciso chi prendere a pugni, smettiamo di chiedere spiegazioni altrove. Ciò mina la capacità di risolvere il problema, o di prevenirne la ricomparsa, perché restiamo impantanati in un’accusa troppo semplicistica, che ci distrae dalla verità più complessa e ci impedisce di investire le energie nelle iniziative giuste.

Hans Rosling