Risvegliarsi senza più paure
Se parli con Dio stai pregando.
Se Dio parla con te, sei uno schizofrenico.
Thomas Szasz
Effetti collaterali della prima seduta autogestita di esperienza del corpo.

Venerdì mi sono sforzata di alzarmi per partire per Vienna. Dico: sto andando ad una festa a Vienna, mica ad una riunione di condominio al Corviale. Ma forse è lo stesso. Mi alzo con fatica, con fatica prendo il taxi, con riluttanza prendo l’aereo.

E l’aereo è vuoto. La giornata è meravigliosa. Mi stendo su tre sedili, e per la prima volta in vita mia quando stacca le ruote da terra provo grande piacere.

Io che ho lasciato un fidanzato dopo otto anni perché aveva preso il brevetto da pilota e mi sembrava improvvisamente che la mia vita stesse per diventare un incubo.

Arrivo a Vienna e dall’alto vedo un grandissimo edificio senza tetto.

Vuoto dentro, come la cattedrale di San Galgano.

E inizio di nuovo dopo una settimana a ragionare sul vuoto e sullo spazio.

Poi atterro. In aeroporto mi si para davanti un negozio Geox con le sneaker del mio colore preferito a metà prezzo. Ne compro due paia. Il commesso si sbaglia e io le pago pochissimo. Glielo dico e lui le aumenta di una decina di euro. Dice che gli sto simpatica.

Due paia di sneaker, più metafora di così. Tocca veramente darsi da fare per trovare questa strada. In fondo solo una settimana fa stavo facendo un seminario nel bosco sul camminare.

Ecco che mi arriva una mail del mio capo e io entro in panico. Vuole parlarmi per chiarire delle cose. Tutte le paure piovono come lapilli di un vulcano in eruzione e io cerco di districarmi ma non ce la faccio. E se mi licenziano?

Mi viene in aiuto una voce amica: Stai tranquilla, se e quando succederà che le vostre strade si dividano sarà perché sei pronta tu, non un attimo prima. Le sincronicità riflettono quello che c’è dentro.

Come faccio a sapere quando sono pronta dentro? Quando succede qualcosa fuori.

Può essere che una persona creda di essere pronta e poi rimane tutta una vita dentro, e che una persona pensi di non essere mai pronta e poi si ritrova proiettata in una nuova dimensione molto prima.

Io mi fiderei degli eventi, non di quello che pensi e credi.

Ma il più bello deve ancora venire.

Sabato sera c’è la festa. In uno studio di un famosissimo scultore austriaco che fa grandi opere in acciaio. In pratica prende un foglio di dieci metri e lo accartoccia. Semplicemente. Come noi faremmo con un tovagliolo usato.

E lo studio è dentro il padiglione dell’esposizione universale dedicato all’arte. E lo studio è meravigliosamente grande. Così come l’altro giorno la sala principale del palazzo Jugendstil della Secessione inondato di luce. Per la seconda volta entro in uno spazio e resto senza fiato. Ma poi tutto si fa respiro e io sento che sto nascendo di nuovo.

Non conosco quasi nessuno. E mi sembra una grande opportunità. Posso permettermi tutto. Mi ritrovo a parlare con Christopher, una persona molto carina. Dopo un po’ mi dice che tutti gli chiedono se sono la sua fidanzata. In fondo siamo gli unici single della festa.

“E tu cosa hai risposto?” gli dico.

“Che mi piacerebbe, ma no”. Risponde

E allora io: Dì pure di sì se ti fa piacere.

E vado via.

Così quando il famoso DJ Samir inizia a suonare la musica, io mi tolgo le scarpe e ballo da sola in questo spazio grandissimo.

Io che sarò stata in discoteca quattro volte in vita mia. Io che non ho mai creduto di saper ballare. Chiudo gli occhi e ripercorro il seminario della settimana scorsa nel bosco.

Seguo il corpo, provo a lasciar libera la spina dorsale, un passo dopo l’altro, non penso più a niente. Divento tutt’uno col movimento. E mi accorgo che non conta più niente, non conta il giudizio degli altri, forse non conta più neanche il mio.

Io sono quello spazio. E vado avanti così per tre ore. Senza stancarmi mai. Mi fermo un attimo. Guardo il telefono. È il mio amico fotografo che mi scrive per un lavoro.

E improvvisamente mi viene in mente che lui, Angelo, vive in un loft grande inondato di luce dove abbiamo lavorato mille volte.

“Vengo a lavorare da te. Dividiamo lo spazio. Facciamo anche una scuola.” Gli scrivo in chat.

“Sarebbe meraviglioso” risponde subito.

Poi riprendo e mi rimmergo nel corpo. Ho fatto la mia prima seduta autogestita di esperienza del corpo dall’interno.

Stamattina mi sveglio senza più paure. Penso di non aver tempo per chi non è interessato a me. Penso che se il mio capo mi dirà di trovarmi un altro lavoro, lo troverò, con tutto lo spazio di cui ho bisogno.

Patrizia Boglione