Era, ovviamente, un genio. In che altro modo si può spiegare una persona che inizia a comporre all’età di cinque anni, impara a suonare il clavicembalo, il violino e l’organo, gira l’Europa come concertista, e che all’età di tredici anni aveva già scritto suonate, sinfonie, concerti e operette?
Ma la nostra seria illustrazione del giovane genio non ci aiuta ad intravedere il vero bambino che egli era. Mentre girava l’Inghilterra come concertista con Johann Christian Bach frequentava le osterie. Il piccolo Wolfgang e Johann Christian si divertivano immensamente a giocare con le sputacchiere di ottone e mentre Johann Christian si accontentava semplicemente di colpirle al centro Wolfgang Amadeus mirava a colpirle sul bordo così che iniziassero a girare come trottole fino a che il riflesso dorato delle molte candele girando non illuminava tutta la stanza e gli avventori iniziavano a ballare.
Fu Mozart, come spesso facilmente supponiamo, un caso straordinario e speciale? O era egli per certi versi solo un bambino, con l’entusiasmo tipico dei bambini e con un padre che lo ha incoraggiato nella ricerca della musica?
Oggi ci sorprendiamo della facilità con cui i bambini piccoli apprendono. Bambini cresciuti in diversi paesi frequentemente assorbono tre o quattro lingue senza confonderle. Bambini che usano l’approccio Suzuki imparando a suonare con godimento, competenza e coraggio.
Anche considerando Mozart un’eccezione straordinaria è chiaro che tutti i bambini hanno un’incredibile capacità di imparare. Come adulti tendiamo a sottostimare ciò che fanno dicendo: “Beh, certo che lo possono fare, sono bambini. Non sanno cosa stanno facendo.”
Ma non sarebbe meraviglioso poter integrare la nostra conoscenza e maturità con la trasparenza e infinita curiosità infantile così che si possa imparare, eseguire e ascoltare la musica con la semplicità dei bambini?
Ricordate come vi sentivate quando avevate tre o quattro anni? Potete non ricordare i dettagli di quello che facevate, ma l’immagine della vostra infanzia sicuramente contiene memorie di giovanile entusiasmo, innocenza e allegria.
C’è stato un tempo quando nessuno ci diceva che giocare era difficile e suonavamo senza vergognarci. Ci sono stati momenti in cui ci sorprendevamo per l’eccitazione, l’amore e la tristezza che i musicisti riuscivano a far uscire dai loro strumenti. Ci sono stati momenti quando per la prima volta abbiamo fatto parte di una banda, un’orchestra, un coro e ci siamo sentiti sopraffatti dalla grandiosità del suono e sorpresi di far parte di cinquanta, cento voci tutte impegnate verso lo stesso fine musicale.
Anche ora come ascoltatori, studenti, esecutori e insegnanti possiamo risentire in noi momenti di quella giovanile potenzialità. Ci sono momenti che suoniamo una frase così bene che “ci chiediamo da dove viene”. Qualche volta abbiamo la sensazione di aver imparato un passaggio senza alcun esercizio, emerge magicamente dalle nostre dita. Ci sono momenti durante le lezioni di musica quando ci facciamo completamente assorbire nel comprendere come funziona un passaggio difficile.
E a volte, alla sinfonia, per qualche misteriosa ragione ogni cosa è sorprendentemente giusta – il programma e l’esecuzione – e ci sentiamo catturati dalla gioia di un compositore vissuto e morto secoli prima di noi.