L'effetto placebo nella musica
Ascoltiamo col corpo o proiettiamo con la testa?
Molti anni fa venne compiuto uno studio particolare sull’effetto placebo. Si trattava di valutare quali fossero i fattori in grado di influenzare il piacere o meno nell’ascolto di una melodia. La prima questione da risolvere fu: è possibile manipolare psicologicamente il piacere del’ascolto di una melodia? In altre parole, così come avviene per la manipolazione psicologica degli effetti di un farmaco, si può trasformare il piacere ricavato dall’ascolto di una melodia in dispiacere o viceversa? La domanda era provocatoria, ma i risultati furono interessanti. Sebbene lo studio sia stato condotto su un certo numero di soggetti, uno in particolare è eclatante.

Un ragazzo, G.B., selezionato per lo studio, era un appassionato di musica country nordamericana. La sua stanza era piena di cassette di musicisti, dai più noti ai meno noti: bastava che il genere fosse quello stile western texano che lo mandava in estasi. G.B. era un grande intenditore. Conosceva i titoli delle canzoni, i nomi di tutti i musicisti, la loro vita privata. Leggeva infatti una rivista di musica dove sono descritti vita, morte e miracoli delle star musicali. Molte di quelle canzoni erano simili nella loro base musicale alle melodie romagnole che, manco a dirlo, G.B. disprezzava. Il genere musicale campagnolo (il liscio) ha in effetti un sapore simile al country nordamericano.

L’inganno consisteva nel presentare a G.B. una canzone romagnola adeguatamente modificata sullo stile nordamericano. Sulla base musicale delle note romagnole, fu registrata la voce di un cantante di un gruppetto musicale, il quale sapeva imitare la pronuncia e l’accento texani (o perlomeno del profondo Sud del Nord America) senza dire una parola in inglese. In seguito al perfetto mixaggio, l’effetto fu spettacolare: musiche che in italiano avrebbero indotto a ballare un liscio da balera, cantate in quell’inglese esotico riportavano nel lontano West e ricordavano i balli dei saloon.

Sarebbe mai cascato G.B. in un inganno del genere? Gli fu presentata la cassetta con la registrazione di cinque canzoni, assicurandogli che era stata registrata in Texas, a un concerto di un nuovo gruppo musicale di successo. Gli fu anche detto che quella cassetta era un’anteprima speciale, poiché il gruppo texano non era ancora conosciuto in Europa. Nei giorni seguenti, divenne una delle sue cassette preferite. Ammetteva che era incomprensibile, ma anche lui conosceva poco l’inglese. Dopo aver ascoltato la cassetta una ventina di volte, disse che avrebbe subito acquistato il disco non appena fosse uscito in Italia. E aggiunse: «Ammesso che esca… altrimenti devo cercarlo in qualche altro Paese».

Dopo qualche giorno uno degli sperimentatori gli disse: «Non so, io non ci capisco un granché… ma a me questa musica non sembra così diversa dal liscio romagnolo». E continuò: «Prova a sostituire la voce inglese con la voce di un romagnolo…» Gli fu così rivelato lo scherzo. Quando si convinse (e non fu facile), scoppiò in una risata, forse per mascherare l’imbarazzo, e affermò che quel gruppetto musicale era davvero bravo.

È un caso estremo. Non tutti dimostrano la reazione emotiva di G.B. molti cadono nell’inganno solo parzialmente o mostrano diversi stadi di reazione emotiva. Può succedere che il commento sia più moderato: «Non male questa musica». Al test musicale descritto per G.B. sono stati sottoposti 14 soggetti, tutti appassionati di country nordamericano e feroci critici del liscio. La stessa base musicale è stata fatta ascoltare in giorni diversi, prima con il cantante romagnolo, poi con il finto cantante inglese. Quindi è stato chiesto loro di dare un punteggio da zero («non mi piace affatto») a dieci («mi piace immensamente»). L’esito è stato impressionante: è risultato un punteggio medio di zero alla canzone romagnola, di sei e mezzo alla canzone romagnola camuffata da texana. Non si pensi che solo gli italiani siano così suggestionabili: ho parlato di italiani perché l’esperimento è stata condotto in Italia, dove una musica esotica è rappresentata dal country nordamericano. Ma è vero anche il contrario. Un nordamericano appassionato di melodie italiane (magari di musica napoletana) abbocca allo stesso modo.

La domanda che ora bisogna porsi è: che cosa determinava in G.B. e negli altri il piacere di ascoltare musica country nordamericana? Abbiamo escluso la musica in sé. Il placebo (l’inganno) che è stato loro propinato ne è la prova, o per lo meno dimostra che le note musicali non rappresentano la componente essenziale del piacere dell’ascolto. Ma è vero anche il contrario. La musica romagnola, da loro tanto disprezzata, è divenuta ad un certo punto fonte di piacere. E allora ci poniamo la domanda opposta: che cosa determina in G.B. e negli altri il rifiuto della musica romagnola? Possiamo di nuovo dire che non era la musica. Contava soprattutto il contorno: l’inglese con accento texano, i luoghi lontani quasi irraggiungibili e il folklore di western e cow-boy producevano un effetto placebo («mi piace»). Al contrario le balere romagnole, le feste paesane padane, l’accento troppo familiare e scontato producevano un effetto nocebo «non mi piace»).

Il concetto importante è che una musica perfettamente uguale ascoltata dalla stessa persona può produrre sensazioni opposte se viene cambiato il contesto, se viene abbinata a convinzioni diverse, se induce l’illusione di ambienti esotici o meno. È improbabile che un inganno del genere possa riuscire con un professionista che conosce note e tecniche musicali, ma nei dilettanti che apprezzano solo la melodia, e sono la maggior parte, questi fattori giocano un ruolo determinante. Eppure G.B. e gli altri non erano proprio sprovveduti senza conoscenze o nozioni musicali.

Tuttavia, fra il grande pubblico avviene proprio questo: una canzone o una melodia non sono giudicate obiettivamente, bensì associate ad un contesto. Se un cantante diventa famoso perché azzecca una canzone che piace, non è detto che tutte le canzoni successive siano di pregio. Eppure, molto spesso non ci si rende conto di ciò, poiché la melodia viene abbinata a un nome, a un personaggio, a un gruppo o a una corrente musicale. Si capisce allora come, una volta saputo da chi è cantata una canzone, sia difficile giudicare con distacco se sia bella o no.

Fabrizio Benedetti