Questo secondo gioco è più sottile, meno facilmente osservabile e più velocemente dimenticato. Lo si gioca nell’arena della nostra mente. Gli ostacoli sono ostacoli mentali come perdita di concentrazione, nervosismo, dubbi sulle proprie capacità. Lo scopo è di esprimere il proprio potenziale nella sua massima pienezza. Pochissimi libri ne parlano.
Il gioco interno e il gioco esterno sono strettamente correlati ed hanno, entrambi, un considerevole impatto l’uno sull’altro. E’ semplicemente impossibile svolgere una qualsiasi attività umana senza giocare entrambi i giochi. Il problema emerge quando stiamo giocando entrambi i giochi ma pensiamo di giocare solo il gioco esterno. Sono questi i momenti nei quali come dice Tim “il gioco finisce per giocare la persona”, mentre dovrebbe essere il contrario.
Ci concentreremo sul gioco interno della musica lasciando le istruzioni per il gioco esterno – la giusta posizione delle mani, la respirazione, le tecniche per l’inchino, e “l’unico vero modo di suonare Brahms” ad altri.
Chiederemo di accantonare i problemi del gioco esterno e di concentrarsi nello sviluppare il gioco interno.
E per due ragioni. Innanzitutto il successo nel gioco interno è molto spesso un fattore decisivo fra il successo o l’insuccesso nel gioco esterno; e secondariamente il gioco interno è un gioco affascinante per se stesso ed é il solo gioco che può essere “applicato” a tutti gli altri giochi.
Tim Gallwey sottolinea come “giochiamo il gioco interno tutti i giorni che ne siamo coscienti o meno, e vinciamo o perdiamo in ogni momento”. In un certo senso il gioco interno è la chiave del successo nel più grande gioco della vita.
Ognuno di noi porta con sé un insieme di potenzialità che consistono in abilità naturali, capacità e conoscenze. Sviluppiamo queste potenzialità quando affrontiamo situazioni che ci spingono ad agire per raggiungere nuovi limiti in ogni campo di attività.
Per affrontare queste sfide dobbiamo risolvere i problemi nel mondo reale che ci circonda. Dobbiamo giocare il gioco esterno. Per esempio abbiamo bisogno di trovare – mentre suonando in un gruppo jazz ci prepariamo ad un assolo – il modo per ottenere il suono “cool” di Miles Davies.
Ma contemporaneamente c’è tutta una serie di problemi interni che dobbiamo affrontare e che influenzeranno direttamente la nostra performance esterna. Possiamo sentirci nervosi quando la spotlight ci illumina, o dubitare di essere in grado di portare a termine una progressione difficile. Questi dubbi sono le sfide da affrontare nel gioco interno.
Mentre esaminiamo il mondo interno pieno di dubbi, speranze, aspettative, abbiamo bisogno di sapere cosa sta accadendo dentro di noi.
L’inibizione di attitudini e tendenze – come ansietà, paura del fallimento e dubbi sulle proprie capacità – ci fa sentire stressati e i nostri muscoli reagiscono irrigidendosi. Inoltre distraggono e disperdono la nostra attenzione facendoci perdere interesse in quello che stiamo facendo. Nel glossario del gioco interno questo tipo di interferenza mentale statica viene chiamata “auto-interferenza”.
Miglioramento delle prestazioni grazie alla diminuzione dell’interferenza
La verità fondamentale è che la nostra performance di un qualsiasi compito dipende tanto da quanto interferiamo con le nostre abilità quanto dalle abilità stesse.
Questo può essere espresso con la formula:
P = p – i
Dove P sta per Performance cioè il risultato raggiunto, – che cosa si è sentito, raggiunto o imparato. Ugualmente p sta per potenzialità, cioè le abilità innate – cosa si è naturalmente capaci di fare. Mentre i è l’interferenza – la capacità di ostacolarsi.
Molte persone cercano di migliorare la loro performance (P) aumentando le loro potenzialità (p) praticando o imparando nuove abilità.
L’approccio del gioco interno invece è quello di ridurre le interferenze (i) mentre le potenzialità (p) vengono sviluppate e il risultato è che l’effettiva performance si avvicina sempre più al potenziale autentico.