Igiene a prova d’aria ?
E’ per questo motivo che gli scozzesi non usano le mutande sotto il kilt. Ma se per uno scozzese va da sè che il contatto con l’aria abbia una funzione di tipo igienico – e così per molti altri popoli meno vicini a noi, che mai si sognerebbero di usare biancheria intima sotto le loro ampie vesti – la maggior parte degli uomini e delle donne occidentali è convinta che, per ottenere lo stesso risultato convenga sigillare, imbottire e soffocare i genitali esterni. In natura non esistono mutande, e se l’uomo e la donna avessero bisogno di una protezione a livello dei genitali sicuramente avrebbero qualcosa che vi assomigli. Per lo meno da un punto di vista fisico. Perchè il motivo reale della diffusione delle mutande può essere invece – più legittimamente – ricondotto a questioni di ordine psicologico e culturale. Viviamo in una cultura artificiale e, in questo peculiare tipo di equilibrio può certamente avere senso il fatto di portare biancheria intima. Crediamo di indossarla per motivi igienici o naturali, ma le cose non stanno esattamente così.
Per gli uomini, ad esempio, è dimostrato come alcuni diffusi disturbi della fertilità siano riconducibili all’eccesso di temperatura che si produce nei testicoli quando vengono tenuti a lungo a stretto contatto con l’inguine. Ai jeans stretti viene addossata la maggior parte di responsabilità, ma certo le mutande si muovono nella stessa direzione. Quanto alle donne, dalle mutande al salvaslip il passo è breve: in un’ottica in cui tutto va tenuto dentro e il più possibile nascosto, inumidire le mutande è considerato molto antiigienico, così come il contatto con le poche molecole di polvere che, insieme all’ossigeno, potrebbero arrivare ai genitali. I messaggi pubblicitari dei salvaslip che ci martellano con messaggi del tipo “così mi sento più protetta” fanno opportunamente leva sul fatto che tutto ciò che usiamo per soffocarci le parti intime – come appunto il velo di plastica utilizzato per salvare lo slip – fornisce in realtà una forma di protezione psicologica.
Trattandosi di oggetto impermeabile per definizione, il salvaslip non lascia traspirare, di conseguenza determina una situazione estremamente antiigienica e innaturale per l’ambiente vaginale. La vagina si difende dalla ‘mancanza di respiro’ con continue perdite, cioè producendo fluido in eccesso nel tentativo di eliminare i prodotti della fermentazione dovuti alla cattiva ossigenazione. Chiaramente si instaura un circolo vizioso e una donna con una vita attiva che voglia avere un aspetto ‘ordinato’ non può far altro che mettersi qualcosa per proteggere le mutande. Ma più si protegge più perde, più perde più si deve proteggere. Il risultato è un mercato miliardario, generato sulla base di una necessità indotta e inesistente fino a qualche anno fa. Invece di usarlo per quattro giorni al mese, oggi molte donne infilano un assorbente ‘igienico’ nelle mutande per quindici, trenta giorni, nella convinzione di fare del bene a se stesse e di sentirsi più ‘fresche’. In realtà non stanno facendo altro che riprodurre la situazione del piede avvolto nel sacchetto di cellophane con le sue micosi. Che non guarirà finchè non tornerà a respirare.
Mutande culturali
Oltre a ostacolare il passaggio dell’aria, le mutande – come qualsiasi altro indumento munito di elastici – rappresentano un impedimento non solo al drenaggio linfatico, ma anche al movimento uniforme della fascia connettivale, il tessuto continuo che nel corpo collega tutto con tutto il resto e che è in gran parte responsabile dell’integrazione e della sensualità dei gesti. Se si portano slip di taglio orizzontale, lo schema corporeo registra una sorta di interruzione all’altezza dell’inguine e della vita, che separa le gambe dal tronco. Anche se non è sempre facile accorgersene, è una sensazione molto chiara per chi lavora sul corpo e accessibile a chiunque vi presti un po’ di attenzione. Quanto più invece lo slip è sgambato, tanto più il movimento della gamba risulta integrato con quello del tronco, all’interno di un sistema controlaterale – per cui ogni movimento della gamba sinistra ‘passa’ in diagonale per il tronco fino a provocare uno spostamento anche a livello della spalla destra e viceversa – che è il più efficiente dal punto di vista della distribuzione del lavoro. Lo psoas (il potente muscolo che collega la gamba alla parte inferiore della colonna) è quindi libero di lavorare, consentendo a tutta la colonna vertebrale di partecipare fluidamente a ogni movimento. Cosa che non si verifica altrettanto facilmente se il bacino è fasciato in un paio di mutande consistenti o ‘tagliato’ da un elastico orizzontale.
Non è un caso che i movimenti fisici di popolazioni come quelle brasiliane o caraibiche – dove le preferenze in fatto di intimo vanno verso indumenti più piccoli, leggeri o larghi – siano tanto diversi da quelli di popolazioni che utilizzano prevalentemente mutande alte. Con un po’ di esperienza, diventa facile intuire che tipo di separazioni o collegamenti presenterà un corpo in paesi diversi, semplicemente osservando il tipo di mutande che viene venduto nei grandi magazzini. L’eliminazione dell’oggetto in sè, e in certa misura la sua riduzione, può risolvere in molti casi un ‘taglio’ orizzontale dello schema corporeo e (come abbiamo visto nel capitolo ‘Dove vanno a finire le malattie’ a proposito del cursore sopra-sotto) alcuni dei problemi ad esso collegati.
Mutande psicologiche
A livello corporeo si osserva frequentemente una certa proporzionalità tra la grandezza e l’aderenza delle mutande usate e le tensioni muscolari presenti nel bacino. Per altro i due fatti si associano in modo spontaneo anche in risposta alle proprie strategie. Non solo indossare mutande grandi e strette induce ad avere il bacino più fermo, ma anche, quanto più si tende a chiudere muscolarmente, emotivamente o energeticamente la zona più vicina agli istinti di base, tanto più si cercano mutande importanti. Una donna, per esempio, potrebbe sentire il bisogno di indossare un vasto armamentario di mutande e collant per proteggersi psicologicamente dall’invadenza reale o immaginaria che attribuisce agli uomini. Qualunque strategia che aiuti a tenere un certo tipo di distanza – quando se ne sente il bisogno – è opportuna e importante. Per altri, invece, ridurre ulteriormente la biancheria intima o eliminarla del tutto potrebbe rappresentare la caduta dell’ultima barriera destinata a proteggere un confine già vago.
Per rendersi conto direttamente di come il problema mutande non sia tanto una dinamica igienica quanto emotiva, è sufficiente proporre alcuni degli argomenti esposti in questo capitolo a un gruppo di amici e osservare le loro reazioni. Se lo farete, quasi sicuramente raccoglierete molti pareri discordi, come è ovvio dal momento che nessuno possiede una verità valida per tutti. Ma è interessante osservare anche il tipo di reazione emotiva che la questione innesca nelle persone. Se notate reazioni accese, stizzite, seccate, rigide, aggressive o comunque cariche emotivamente, potete essere sicuri che l’argomento, al di là della sua validità teorica, è fonte di ansie profonde. Cosa assolutamente normale, se i vostri amici non sono figli di aborigeni. Anzi, sarebbe strano il contrario. Tuttavia, se si trattasse esclusivamente di un problema tecnico, gli altri esprimerebbero i loro dubbi senza un coinvolgimento emotivo particolare, come capita quando si fanno affermazioni del tipo “la lana protegge dal caldo meglio del cotone”, che forse può generare pareri contrastanti ma non certo vissuti emotivi rilevanti.
Fare a meno delle mutande, d’altra parte, sia per un una donna che per un uomo può essere veramente traumatico : non si possono saltare a piè pari secoli di condizionamenti culturali con la sola volontà. Può invece essere interessante osservare certe relazioni tra cultura, corpo ed emotività. In fondo, un tempo, si pensava che il mondo finisse alle Colonne d’Ercole. Poi si è compreso che non era proprio così, ma il fatto di saperlo non implicava per nessuno il dovere di avventurarsi oltre quel confine. Tutt’al più, che la sua mappa diventasse, a quel punto, più realistica della precedente.