Gli abiti che scegliamo di indossare raccontano chi siamo, ma influenzano anche la nostra visione del mondo e perfino le performance cognitive: lo ha spiegato di recente Adam Galinsky, psicologo sociale della Columbia Business School di New York, attraverso una serie di esperimenti che hanno dimostrato come basti mettere il camice di un medico per migliorare la capacità di attenzione ai dettagli, un’abilità riconosciuta ai dottori, e commettere meno errori in diversi tipi di test mentali. Se ai volontari veniva dato da indossare lo stesso camice bianco dicendo loro che era di un imbianchino, modificandone perciò il significato simbolico, la prestazione invece non migliorava.
Secondo Galinsky è una conseguenza della embodied cognition, o cognizione incorporata, l’idea per cui l’esperienza del mondo che facciamo con il corpo incide sulle risposte della mente: «Lavarsi le mani per esempio si associa alla sensazione di avere una maggior purezza morale e capacità di giudizio etico; è provato, poi, che tendiamo a ritenere gli altri più cordiali e “caldi” se parliamo loro tenendo in mano una bevanda bollente, li percepiamo più distanti se invece sorseggiamo un drink freddo; ancora, ci sentiamo più autorevoli se abbiamo con noi una pesante cartellina di appunti. Con gli abiti accade qualcosa di simile: “invadono” corpo e cervello, modificando lo stato psicologico di chi li indossa».