In sua presenza ci si sente improvvisamente stupidi, non si capisce nulla delle sue teorie, si sospetta che l’esoterismo del linguaggio non sia interamente giustificato dalla complessità della materia e si finisce per diffidare dell’intelligenza stessa, come se fosse uno strumento per dominare gli altri. Le idee che costui emette mancano di linfa e ci sembrano vuote mentre lui continua a dissertare, a brillare, ma di una luce che non illumina più niente. Parla per illuminarsi di gloria.
Coloro che lo ascoltano, delusi e disgustati di quella che credono che sia la riflessione intellettuale, possono essere tentati di unirsi al gruppo degli anti-intellettuali, come un modo di resistere a quella volontà di dominio che avvertono intuitivamente. Altri, che hanno una cattiva opinione della loro intelligenza, si sottomettono a questo dominio e applaudono proprio perché non capiscono niente; meno afferrano e più hanno l’impressione di essere in presenza di un vertice d’intelligenza. Non vedono la differenza fra il vero intellettuale, servitore delle idee, e colui che fa solo sproloqui, caricatura delle qualità di Apollo.