E’ inutile, io non c’entro: le parole hanno un’anima. E una storia. Mi sembra evidente, infatti, che il termine riparazione (dal vecchio ordinamento degli «esami di riparazione») abbia invece in sé una connotazione chiaramente attiva.
E qui mi aiuta una memoria visiva: ricordo che sui tabelloni di giugno, accanto al nome dell’alunno e alla sfilza orizzontale dei suoi voti, appariva la scritta: ripara: latino, matematica, disegno…
Ripara, due punti, e l’elenco delle materie insufficienti.
Egli soggetto, ripara voce del verbo riparare, indicativo presente, forma attiva.
Indubitabilmente la forma era attiva.
Nell’espressione «esami di riparazione» il verbo sottinteso era attivo: l’allievo ripara. Nell’espressione «recupero» il verbo sottinteso è passivo: l’allievo viene recuperato.
Nel vecchio ordinamento, c’era solo un verbo passivo: rimandare; l’allievo veniva rimandato e quindi doveva riparare, Che logica! Che mondo logicamente ordinato! L’insegnante rimanda (rispedisce al mittente, in un certo senso) e l’allievo si tira su le maniche e ripara: salutare cambio di soggetto! Invece oggi il soggetto è il medesimo, è sempre e soltanto l’insegnante: l’insegnante ti da il debito, l’insegnante ti fa il recupero.