Pensandoci bene, pensandoci meglio, ci mette davanti agli occhi una caduta quasi surreale del livello di educazione di questo Paese. E ci fa intendere quanto incondizionata sia stata la resa degli adulti alla propria pigrizia – non di altro si tratta – di fronte alla responsabilità che portiamo nei confronti dei ragazzi. Diciamo spesso – ed è maledettamente vero – che il concetto di fatica (fatica per ottenere un risultato, per esempio) è molto raramente presente nella mentalità dei ragazzi.
Ma dobbiamo aggiungere, ed è doloroso farlo, che anche per noi adulti la fatica sta diventando una dimensione sconosciuta. Dire “no” è infatti faticosissimo. Perché il “no ” va poi spiegato. Perché il “no” è un elemento della docenza meno gratificante del “sì”. Il no non è seducente, il no è impopolare, è un impiccio nella comoda routine genitori-figli e insegnanti-studenti. Siamo così ansiosi di piacere, e di piacere in fretta, e di non avere rogne, e di accattivarci a basso prezzo simpatia e popolarità, che abbiamo cancellato la parola no.