Non essere ricattabili
A volte la precarietà diventa forza.
Alcuni giovani italiani, purtroppo pochi, molto pochi, hanno trasformato la velocità e la mobilità nel loro asset principale. Nella condizione, cioè, che permette loro di non essere ricattabili.

Se domattina a uno di questi giovani non sta bene qualche cosa sul posto di lavoro, lo dice, e cerca di cambiarla. Pensa ad una strategia e la porta avanti finché non l’ha cambiata o comunque aggiustata. Si concentra sulle red lines (come si chiamano nel gergo dei negoziati internazionali), e cioè sulle condizioni minime, invalicabili, che gli consentono di restare al tavolo a negoziare.

Quando una di queste red lines sta per essere oltrepassata, generalmente comincia a fare fumo dalle orecchie e a dire quello che non va. A tutti, non in camera caritatis. E’ un bene che sia così, che si metta fine, progressivamente, ad una sorta di «omertà generazionale». Ho sempre pensato che molte cose succedono in Italia perché nessuno è pronto a dire che sono successe.

Certo, questo tipo di atteggiamento può portare a situazioni di forte tensione. Ma alla fine dei conti, cosa può accadere? Ci costringono ad andarcene? Pazienza, ce ne andremo! Ma dobbiamo capire che questi giovani veloci, mobili, sono oggi l’unico possibile motore di un vero cambiamento.

Se li licenziano domattina, possono stare due o tre mesi senza lavorare, ma troveranno un altro lavoro che permetterà loro di tirare a campare (se va male) e di fare anche un avanzamento di carriera rispetto al presente (se va bene). Questa è la vera forza di certi giovani nell’Italia di oggi. Questa capacità – questa fortuna, se vuoi – di non essere ricattabili.

A. Caporale
Dal libro: Mediocri