Se infatti un’impresa vuole sopravvivere nel tempo deve essere sensibile al mondo circostante, dimostrare plasticità, consentire numerosi gradi di libertà al suo staff che esplora nuove nicchie e possibilità: e per far ciò deve contare su forti riserve finanziarie. Ma vi sono imprese che si rivolgono a una nicchia specializzata e che tendono ai massimi risultati con minime risorse. In queste il management è basato su un controllo rigido che lascia poco spazio alla diversificazione e alle tendenze esplorative del suo staff in quanto tutto lo sforzo dell’impresa tende a sfruttare le opportunità della nicchia in cui essa opera. Il problema, come sappiamo, è che le nicchie cambiano e un’impresa ultra-specializzata ha vita breve.
Se si possiede una pianta di rose – ha spiegato De Geus con una metafora – una potatura corta potrà produrre nella primavera successiva alcune rose bellissime, ma una variazione climatica o un parassita potranno mettere a rischio la fioritura, se non la stessa vita della pianta. Una potatura lunga, al contrario, assicurerà un ritorno annuale di rose: piccole magari, ma sempre presenti in quanto anche se alcuni rami si seccano o vanno in cancrena, altri rami sopravvivranno…
La vita delle imprese longeve rispecchia un aspetto centrale della loro essenza “più logica”, quella del loro essere organismi che apprendono, che si adattano con plasticità. Il problema è che molte aziende, caratterizzate da un’ottica che punta a rapidi profitti nell’ambito di una nicchia specializzata, non investono in apprendimento: non puntano cioè a trasformarsi in una sorta di super organismo formato dall’aggregazione di individui che si scambiano esperienze e puntano a massimizzare le proprie strategie mentali.