Il "pensiero calcolante"
I limiti intrinseci di una forma di pensiero diffusa.
Può davvero la ragione strumentale che governa sia la tecnica sia l’economia e che utilizza solo il pensiero calcolante regolato da criteri di efficienza, produttività, obbiettivi a breve e medio termine, essere all’altezza della globalizzazione del mercato che, per essere compresa, richiede competenze antropologiche per entrare in relazione con altre culture e visioni del mondo di cui il pensiero calcolante è del tutto sprovvisto?

Se il tipo di pensiero è limitato al calcolo tipico della ragione strumentale, forse le imprese che si regolano esclusivamente su questo tipo di pensiero si precludono la capacità di anticipare e governare i cambiamenti, col risultato che avranno sì una storia, ma non un futuro, per aver trascurato quello che loro chiamano il “capitale umano” che ha ritmi di accumulazione radicalmente diversi dal capitale finanziario. Se quest’ultimo infatti si misura sui tempi brevi del rendiconto trimestrale e della quotazione in borsa, il cosiddetto “capitale umano” esige un respiro più lungo e una forza che si conquista per maturazione e arricchimenti successivi, di cui il pensiero calcolante non ha la più pallida idea.

U. Galimberti
da La Repubblica