Ripensare il pensare
Si conoscono ancora poco gli elementi preverbali, prematematici del processo creativo…
…e così anche la natura interdisciplinare degli strumenti del pensiero intuitivo.
Questa visione miope della conoscenza è condivisa non solo da filosofi e psicologi ma conseguentemente anche dagli educatori. Basta guardare come i curriculum ad ogni livello educativo, dalla scuola materna all’università, sono divisi in discipline definite da prodotti piuttosto che da processi. Dall’inizio gli studenti hanno lezioni separate di letteratura, matematica, scienze, storia, musica, arte come se tutte queste discipline fossero distinte ed esclusive.
Nonostante il tanto parlare dell’integrazione dei curriculum corsi veramente interdisciplinari sono rari e curricula transdisciplinari che abbracciano l’ampiezza delle conoscenze umane sono quasi sconosciuti. Inoltre a livello del processo creativo, dove veramente contano, gli strumenti del pensiero intuitivo che collegano una disciplina all’altra sono interamente ignorati. Ci si aspetta che i matematici pensino solo “in termini matematici”, gli scrittori solo “a parole”, i musicisti solo “in note” ecc. Le nostre scuole e università insistono nel cucinare con solo la metà degli ingredienti. Comprendendo a metà la natura del pensiero, gli insegnanti comprendono a metà l’insegnamento, e gli studenti comprendono solo a metà come imparare.

Questo tipo di educazione a metà cottura ci danneggia più di quanto si pensi. Nella nostra esperienza nelle scuole (entrambi abbiamo terminato l’università) nessuno mai ha anche solo ventilato che si potesse pensare ai problemi in altri modi se non verbalmente o matematicamente. Non ci venne mai in mente, e nessuno mai lo suggerì che fosse possibile formulare un problema di matematica o fisica come una serie di immagini e sentimenti stufati nella nostra mente o preparare la trama di un libro o di un poema come una serie di immagini ed emozioni fermentate nel nostro ventre. Nessuno mai ha menzionato che la fase di invenzione di un’idea o di soluzione di un problema può essere separata dalla fase di traduzione in linguaggio disciplinare. Nessuno mai ha suggerito, come invece farà questo libro, che il modo in cui abbiamo imparato una materia o abbiamo avuto un’intuizione potrebbe essere la chiave per imparare ad avere intuizioni in altri campi.

Se comunque, i pensatori creativi di cui si parla in questo capitolo hanno accuratamente rappresentato il modo con cui lavorano – e noi dimostreremo che lo hanno fatto – è ovvio che l’educazione basata unicamente su discipline separate e lingue pubbliche lascia fuori enormi pezzi del processo creativo. Gli insegnanti lavorano per affinare la logica matematica e sintattica degli studenti ma ignorano la metodologia dei sentimenti e delle intuizioni. Siamo istruiti e esaminati con parole e numeri e si presuppone che pensiamo in parole e numeri. Nessuna concezione potrebbe essere più sbagliata. Come ha detto William Lipscomb dell’attuale educazione scientifica: “Se si decidesse di dare il minor aiuto possibile all’estetica e all’originalità nella scienza, si avrebbe difficoltà ad elaborare un piano migliore del nostro sistema educativo… raramente si parla di ciò che non comprendiamo nella scienza e meno ancora di come preparare per idee creative”. La medesima cosa può essere detta dell’insegnamento dell’arte, delle materie umanistiche e tecnologiche. Impariamo le lingue tradotte ma trascuriamo la nostra lingua madre. Un banchetto è stato preparato per noi che noi non assaggiamo. Onoriamo gli chefs ma non li emuliamo.

Nulla è quindi più importante del riconoscere e descrivere i “dialetti” del pensiero creativo. Come le parole e i numeri sono importanti per comunicare l’intuizione, quell’intuizione è nata da emozioni e immagini di vario genere create dall’immaginazione. Sentire come pensare deve quindi diventare parte del curriculum educativo. Gli studenti devono imparare a fare attenzione a ciò che sentono nelle loro ossa, a sviluppare questo sentire e ad utilizzarlo. Varie professioni, tra cui la medicina, iniziano a riconoscere l’intuizione come una parte necessaria del pensiero disciplinare. Geri Berg, uno storico dell’arte e social worker, alla John Hopkins University, crede che “la consapevolezza emotiva come l’abilità di osservazione e di fare domande, sia una parte importante di un buon servizio di assistenza”. Il Dr. John Burnside, direttore di Medicina Interna al Hershey Medical Center in Pennsylvania ha argomentato questo tema con ancora più forza. Egli scrive: “Uno dei nostri fallimenti educativi è la mancanza di attenzione e di un serio riconoscimento delle “sensazioni di pancia” o delle inclinazioni del buon senso. Forse perché queste inclinazioni sono non-numeriche sono chiosate come “l’arte della medicina” intendendo l’istinto, la passione, o il primordiale. Ma credo che possano essere definiti e insegnati.

M&R. Root-Bernstein
dal libro Sparks of genius