Perchè non glielo diciamo?
Non sappiamo dire che cosa vogliamo e che cosa non vogliamo dai figli e dagli allievi.

Per cui accettano che mangino sempre pasta e mai riso, che leggano sempre «Piccoli Brividi» e mai Proust, che si riempiano di anelli al naso, spunzoni sulla lingua o saette nelle orecchie, e si facciano i capelli viola o arancio.

Io credo che a nessuno veramente piaccia un figlio con l’anello al naso o i capelli verdi. E nemmeno un figlio che si è tatuato un drago sulla pancia, un tramonto sul braccio destro o imperscrutabili segni tribali sulla scapola sinistra. Credo che tutti noi, in fondo, qualsiasi siano le nostre ideologie e scelte politiche, preferiremmo che nostro figlio alternasse la pasta al riso e mangiasse anche la verdura; che si tenesse i capelli del colore che ha, la pelle intatta senza draghi marini sputanti fuoco, e che non si trapassasse la carne con spunzoni di vario tipo nelle più impensate parti del corpo.

E allora perché non glielo diciamo, che preferiremmo così?

Mi piacerebbe che dicessimo ai nostri figli come ci piacerebbe che fossero. Non perché lo diventino, ma semplicemente perché noi dobbiamo dirglielo. E’ una specie di nostro dovere di genitori, credo. Ad esempio dobbiamo dir loro di mangiare verdura perché è sano e giusto mangiare verdura, e di togliersi l’anello al naso perché secondo noi è brutto. E di leggerlo, Proust, perché a noi piace. Dobbiamo dir loro che cosa ci sembra giusto e sbagliato, che cosa ci piace e non ci piace. Tutto qui.

P. Mastrocola
da La scuola spiegata al mio cane