Il voto non può essere l’unico parametro. In Gran Bretagna, molti studi hanno dimostrato che i giudizi costruttivi sono più utili che un numero in pagella. L’idea di paragonare alunni tra di loro non aiuta a migliorarli, ma anzi li convince di non essere all’altezza. I giudizi, hanno spiegato gli studiosi inglesi, dovrebbero essere fatti usando come metro di paragone l’evoluzione didattica, rispetto a sforzi e limiti, e non mettendo i ragazzi in competizione con gli altri.
«La scuola continua a imporre una norma. I nostri modi di controllare e valutare scoraggiano la creatività, l’impegno personale dell’alunno». I ragazzi partecipano poco alle lezioni, temono di fare domande o di essere criticati se dicono qualcosa di sbagliato. Un sistema che promuove il conformismo e non incentiva la curiosità intellettuale, l’iniziativa personale. La classe, continua Meirieu, dovrebbe essere uno spazio senza minacce in cui non si ha paura di sbagliare o di rischiare.
Il modello di riferimento è la Finlandia, dove vige “l’auto-valutazione”. Il paese nordico non impone griglie numeriche fisse e lascia invece libertà ai professori che devono seguire un unico principio: incoraggiare gli alunni. Molto presto, i bambini cominciano a capire da soli dove e come possono migliorarsi rispetto agli obiettivi didattici fissati dal governo. «L’ossessione per le graduatorie è un meccanismo che impedisce di far crescere la fiducia in se stessi, favorendo una piccola élite ed escludendo invece la maggioranza degli alunni», è scritto nell’appello firmato, tra gli altri, dallo psicologo Boris Cyrulnik e dallo scrittore-professore Daniel Pennac.