Tutto quell’agitarsi e disquisire su quali «argomenti» si dovrebbero insegnare e in quale ordine, o sull’uso di questa notazione piuttosto che di quella, o su quale marca e modello di calcolatrice adottare, è come voler sistemare ossessivamente le sedie a sdraio sul ponte del Titanic!
La matematica è la musica della ragione. Fare matematica significa impegnarsi in un atto di scoperta e ipotesi, di intuizione e ispirazione; significa essere in uno stato di confusione, non perché non ci trovate alcun senso, ma perché le avete dato un senso e non capite ancora a che cosa serva la vostra creazione; significa avere un’idea; provare la frustrazione di un artista; sentirsi sopraffatti e sgomenti di fronte a una bellezza quasi dolorosa; significa sentirsi vivi, maledizione! Togliete questo alla matematica e potrete fare tutte le conferenze che volete; non cambierà nulla. Intervenite pure come volete, cari dottori: il vostro paziente e già morto.
La parte più triste di tutta questa «riforma» sono i tentativi di «rendere la matematica interessante» e «rilevante per la vita dei ragazzi». Non c’è bisogno di rendere la matematica interessante: è già più interessante di quanto potremmo mai renderla!