In coda
Attualmente si diventa docente attraverso
un concorso pubblico aperto a tutti i figli dei docenti già in carica.
Il governo chiede di allargare l'ammissione ai concorsi universitari
almeno fino ai parenti di secondo grado
in direzione di un nepotismo più democratico e dinamico.
Michele Serra
Ordinati e sottomessi nella speranza di un lavoro.
Per compenetrare meglio la logica, è sufficiente porre attenzione al sistema di reclutamento: la coda. Le famigerate code italiane, segno rappresentativo dell'immobilità del sistema. Ordinati e sottomessi, i giovani si predispongono in fila per un posto. L'incertezza, inutile ribadirlo, alimenta il bisogno. Crea una perversa dipendenza, anche umana, non solo professionale.
Pazienza, in primis, ma anche capacità di intessere relazioni umane, tra le carte da giocare per sopravvivere in questo gioco pericoloso.
Nella fase che va all’incirca dai trenta ai quarant’anni è possibile mantenersi lavorando all’università. Le uniche alternative accettabili, se non si lavora gratis, sono quelle dell’insegnamento a contratto o dell’assegno di ricerca, una borsa di studio con la quale si può andare avanti dai due ai quattro anni. Attributo fondamentale per resistere nella giungla universitaria resta la pervicacia condita da una ragionevole disponibilità economica.
A. Caporale
Dal libro: Mediocri