Tra un terzo e metà della popolazione è introversa – tra un terzo e metà. Vuol dire una persona ogni due o tre tra le vostre conoscenze. Quindi anche se siete estroversi, vi parlo dei vostri colleghi, del vostro partner e dei vostri figli e della persona seduta accanto a voi proprio ora – tutti loro subiscono questo pregiudizio profondamente radicato e concreto nella nostra società. Lo interiorizziamo tutti molto presto senza neanche avere un linguaggio per quello che facciamo.
Per vedere chiaramente questi pregiudizi dovete capire cosa significa essere introversi. È diverso dall’essere timidi. La timidezza è la paura del giudizio sociale.
Essere introversi ha più a che vedere con come si risponde agli stimoli, compresi gli stimoli sociali. Gli estroversi hanno un disperato bisogno di stimoli, mentre gli introversi si sentono molto più vivi e più attivi e più capaci quando sono in ambienti più tranquilli e informali. Non sempre — non sono concetti assoluti — ma quasi sempre. Quindi la chiave per massimizzare il nostro talento è per noi tutti metterci nella corretta zona di stimolo.
Ed è qui che si inseriscono i pregiudizi. Le nostre istituzioni più importanti, le nostre scuole e i luoghi di lavoro, sono progettati soprattutto per gli estroversi e per le elevate esigenze di stimolo degli estroversi. E oggi abbiamo anche questo sistema di convinzioni che io chiamo il nuovo pensiero di gruppo, per il quale creatività e produttività nascono da un ambiente insolitamente molto socievole.
Immaginatevi la tipica classe di oggi. Quando andavo a scuola io, eravamo seduti in file. Sedevamo in file di banchi così, e lavoravamo in maniera abbastanza autonoma.
Ma oggi, la tipica classe ha dei gruppi di banchi – quattro o cinque o sei o sette ragazzi, gli uni di fronte agli altri. E i ragazzi lavorano su innumerevoli compiti di gruppo. Anche su materie come la matematica e la scrittura creativa, che potreste pensare dipendano da riflessioni individuali, ai ragazzi oggi si chiede di lavorare come membri di un gruppo. E i ragazzi che preferiscono isolarsi o lavorare da soli, spesso vengono visti come casi particolari o, peggio, come casi problematici. E la grande maggioranza dei professori dichiarano di credere che lo studente ideale sia estroverso piuttosto che introverso, anche se secondo alcune ricerche gli introversi hanno voti migliori, e sanno più cose.
Ok, lo stesso vale per i luoghi di lavoro. Molti di noi lavorano in uffici open space, senza muri, dove siamo soggetti a rumori e sguardi continui dei nostri colleghi. E quando si tratta di leadership, gli introversi vengono regolarmente scartati per le posizioni di leadership, anche se gli introversi sono tendenzialmente più attenti, molto meno propensi a prendere rischi sconsiderati – cosa che dovremmo tutti favorire oggigiorno.
Un’interessante ricerca di Adam Grant alla Wharton School ha scoperto che i leader introversi danno spesso risultati migliori degli estroversi, perché quando gestiscono impiegati proattivi, sono molto più propensi a lasciarli seguire le loro idee, laddove gli estroversi possono, involontariamente, entusiasmarsi tanto fino ad appropriarsi delle cose impedendo alle idee degli altri di emergere facilmente in superficie.