Crescere bambini autonomi
Il rischio,
qualsiasi sia la forma in cui lo si pensa o si presenta,
appartiene alla vita.
Azzerarlo non si può.
Si può volerlo fare a tutti i costi
ma si chiama controllo, ossessione, possesso, malattia.
Maria Pia Veladiano
La vita appunto è vita perché ha un inizio e una fine, perché è preziosa e, come ogni cosa preziosa, fragile e vulnerabile.

Così mi è apparso chiaro, questa nostra società disprezza il valore profondo della vita. L’ossessione del controllo e della sicurezza ha invaso ogni settore, le nostre città, la politica, il lavoro, la scuola, le leggi, i parchi giochi, gli asili, le relazioni, in poche parole la vita.

Sono madre di 4 figli, lavoro a tempo pieno da circa 20 anni (il mio primo ha 19 anni, la mia piccola 2 e mezzo) e in questi anni ho visto ridursi lentamente ma inesorabilmente gli spazi che nelle nostre città sono riservati al libero movimento dei nostri figli. Lentamente sono state tolte le libertà e autonomie ai bambini, e di fatto si sta spegnendo nei nostri figli quel desiderio autentico della scoperta, dell’esperienza non sotto lo stretto controllo degli adulti. “Controllo ossessione possesso malattia”: la nostra società e noi che ne facciamo parte siamo tutti affetti da questa malattia.

Uomini che vogliono controllare lo spazio che abitano le donne, donne che vogliono controllare lo spazio che abitano i figli, politici, scuola, istituzioni, che dietro la parola sicurezza costruiscono recinti nei quali di fatto le responsabilità sono scaricabili a catena. Controllo, parola che etimologicamente è legata alla parola contratto, dunque le nostre relazioni ridotte a dei contratti.

Non abbiamo fatto la fame, non abbiamo fatto la guerra, non abbiamo sofferto il freddo, ma viviamo come se fossimo in condizioni estreme tutti i giorni. Ci stiamo perdendo i nostri figli ai quali neghiamo la conoscenza attraverso l’esperienza e quel credito di fiducia che ci ha permesso di diventare adulti. Abbiamo così paura dei rischi che siamo disposti a farli vivere in recinti pur di non farglieli correre, dimenticando che quei rischi sono stati il sale della nostra vita di giovani e la spinta a diventare adulti responsabili.

Roberta Trucco
da corriere.it