Ida Rolf insegnava un modello ideale, basato su una sua personale osservazione: «l’umanità tende ad avere le vertebre lombari con un arco orientato in avanti».
Il lavoro dei terapeuti della sua scuola è finalizzato a spostare questo gruppo di vertebre in posizione arretrata. Ricordo che dopo cinque anni di pratica del Rolfing (e dopo numerose lezioni con la dottoressa Rolf nel corso delle quali risultava regolarmente che le vertebre lombari erano eccessivamente avanzate) ecco che un giorno arriva un professore di anatomia, convertitosi al Rolfing, che mi dice: «Le mie vertebre lombari sono eccessivamente arretrate, e così pure quelle di molta altra gente!».
Il giorno dopo su sei pazienti ne vidi, con grande turbamento, ben tre che avevano le vertebre lombari orientate lungo una curva rivolta posteriormente anzichè anteriormente.
Negli anni seguenti, soprattutto sotto l’influenza del lavoro di Judith Aston, sono giunto alla conclusione che le due tendenze sono ugualmente diffuse.
Succede la stessa cosa anche con i terapeuti di altre scuole: non vedono il “mio” corpo, vedono “il” corpo secondo i criteri della loro scuola.
Il platonismo somatico rafforza i filtri, già potenti di per sè stessi, dei preconcetti che impediscono ai nostri occhi di percepire il corpo di un essere umano com’è in realtà.
Vediamo ciò che vogliamo vedere, ciò che siamo abituati a vedere, ciò che ci hanno insegnato a vedere. Il semplice approccio alla visione diretta richiede un lento e paziente addestramento all’individuazione delle barriere dell’io che ci separano dall’altra persona. Un modello di come dovrebbe apparire l’altra persona non è altro che l’ennesimo ostacolo alla realizzazione del processo della visione.