Corso di nuoto
Lasciarsi cogliere di sorpresa,
farsi domande,
è cominciare a capire.
Jose Ortega Y Gasset
La tentazione più grande per un insegnante.

Quando si hanno bimbi piccoli – e conosco molti che ne hanno – uno dei discorsi che ogni tanto viene fuori è quanto sia utile, ma nel contempo esagerato, fargli imparare subito delle cose. Da un lato c’è la loro disarmante capacità di apprendere, dall’altro il nostro timore di volerli spingere troppo.

Se sei costretto a prendere la tata, ad esempio, perché non prenderla che parla inglese? Potrebbero crescere piccoli Mozart, scalatori, ballerine.

 Su un punto, però, e non capisco bene perché, c’è l’unanimità: il corso di nuoto. I bimbi devono imparare a stare a galla il più presto possibile. Forse perché questa idea imperversava già quando eravamo piccoli noi che adesso siamo papà e mamme, sta di fatto che tutti, dico tutti quelli che conosco, mandano i figli in piscina.

 Lo devo ammettere. A me ogni tanto i sensi di colpa vengono. In particolare quando il mio, di figlio, che ha tre anni, si sdraia nella vasca da bagno e tutto felice mi dice che sa nuotare. Perché non solo so che è l’unico che ancora non galleggia, ma rischia pure di passare per pirla.

 Questa settimana al mare ho rischiato il crollo emotivo a vedere ’sti bambini che manco Federica Pellegrini è così brava. Oggi, per esempio, il gioco era farmi buttare l’annaffiatoio giocattolo in mare e poi aggrapparsi a me per andare a prenderlo. Mentre lo trascino dice: “Guarda come nuoto”. Lo sguardo di rimprovero di alcune mamme e nonne mi fa sentire una cacca. Poi, tornando a riva, mi lascia la mano per fare una specie di tuffo, dove ormai l’acqua, a me, arriva alla caviglia.

 Sto cercando di abituarmi all’idea che mio figlio diventerà lo zimbello della spiaggia, quando lui fa il solito tuffo e si ferma un attimo, con le braccia puntate nel bagnasciuga. Comincia a essere stanco. L’acqua gli solleva prima le gambe, poi il culetto e un pezzo di schiena. Rimane così un secondo. Poi si gira verso di me: ha gli occhi dello stupore.

 Ecco, il momento fatale è arrivato, penso, e lo prendo. Con dolcezza lo giro con la pancia in su e gli dico che galleggerà anche così. Si irrigidisce immediatamente e devo lasciar perdere. Ho di nuovo rovinato un istante magico.

Subito dopo un ragazzo si tuffa e inizia a sbattere forte le gambe, nuotando con grande enfasi. Mio figlio mi guarda come a dire: “Sta’ a vedere”. Si rigira a pancia in giù e inizia a sbattere le gambette galleggianti.

In quel momento arriva mia moglie che mi guarda stupita (sì, lo stupore è molto contagioso): “Mah! Va a finire che questo qua imparerà a nuotare da solo”.

Sì, penso, se mi trattengo dal mettermi in mezzo, sì.

 Mi passano davanti molti degli insegnanti, dei preti e dei professori che ho avuto a scuola e fuori dalla scuola. Eh sì, in effetti, l’unica cosa che facevano era proprio mettersi in mezzo.

Andrea Ambrogio