“Ho iniziato la mia ricerca studiando tutto quello che riguardava la sedia, la sua storia e tutto quello che l’ergonomia aveva da dire sul rapporto tra questo oggetto e il nostro corpo”, ci racconta Galen Cranz che insegna architettura all’Università della California ed è teacher di Alexander Technique una tecnica di allineamento corporeo molto amata da danzatori e musicisti. “Mi sembrava però ci fosse dell’altro da scoprire. Poi una rivelazione improvvisa mi è arrivata da una istantanea che un’amica inglese aveva scattato in Africa ai suoi studenti. Due dei ragazzi si distinguevano dagli altri: avevano un corpo perfettamente sviluppato e integrato in tutte le sue parti. Glielo faccio notare e lei sorridendo dice: buffo, sono gli unici due cresciuti in un villaggio dove non c’erano scuole missionarie e quindi nemmeno sedie e tavoli. Da quel momento ho realizzato che il problema forse non era di sedie buone o cattive, ma che è la sedia in se stessa a essere un problema”.
Mettere in discussione la sedia non è un compito facile. In effetti questo oggetto sembra un prodotto della natura più che della cultura è ancora resiste come simbolo di “civilizzazione” di modernizzazione. Fa così parte del nostro stile di vita da far sembrare quasi irreale il fatto che meno della metà degli abitanti del pianeta la utilizza e che solo dall’Ottocento, con la rivoluzione industriale, diventa abbastanza economica da diventare di uso comune. Ma cosa non va allora della nostra vecchia e amata sedia di cui probabilmente non ci disferemo mai perché ci piace ancora moltissimo? Secondo Galen Cranz e anche secondo le più recenti ricerche della scienza ergonomia, è una questione innanzitutto di gradi. La sedia ci mantiene in una posizione ad angolo retto. Il tronco con le gambe forma cioè un angolo di 90°, un angolo molto lontano dalla fisiologia. “Stai seduto e pensi di riposare. In realtà è un inganno”, spiega ancora Galen Cranz. “Innanzitutto creiamo una pressione sui dischi spinali che è maggiore del 30 per cento rispetto a quando stiamo in piedi, quindi affatichiamo la schiena 30 volte di più e una seduta prolungata stanca anche le gambe. I problemi di varici per esempio sono comuni nelle società che usano la sedia e molto rari nelle società tradizionali che siedono sul pavimento”.
La pressione minima sulla spina vertebrale si ha invece quando l’angolo è intorno ai 130°. La NASA la chiama “neutral body posture”, la postura neutrale che il corpo degli astronauti naturalmente assume quando fluttua nello spazio in assenza di gravità. 130° è anche l’angolo che si assume nella posizione base delle arti marziali, con le ginocchia leggermente piegate e il bacino ruotato in avanti, come fossimo seduti sul sellino di una bicicletta. E’ anche l’angolo che assume il feto nella pancia, quando è immerso nel liquido amniotico e anche quello che la maggioranza di noi assume mentre dorme. Con questo angolo magico il peso del nostro corpo è distribuito nel modo ottimale e la pressione sulla colonna è al minimo.
Galen Cranz ha definito questa speciale postura perching, la posizione del minimo sforzo per l’uomo. Ma non siamo ancora di fronte alla postura ideale.
Semplicemente perché questa non esiste. “Quando qualcuno mi chiede qual è il modo ideale per sedersi per prevenire il mal di schiena, rispondo come il designer norvegese Peter Opsvik: la migliore postura è sempre la prossima. E’ sempre quella che viene dopo”. Sedersi a gambe incrociate, poi accovacciati e poi su una seggiola normale, poi ancora in perching su una chaise lounge, in piedi e poi distesi e poi…La società multiculturale ci offre in questo senso molti suggerimenti. L’antropologo Gordon Hewes per esempio ha osservato che la postura si differenzia a seconda della cultura di un luogo e ha documentato più di mille posture che l’uomo assume nei diversi contesti. L’importante è mantenere un’alta variabilità, un gran numero di opzioni.
Il nostro corpo infatti è organizzato per il movimento e se deve stare fermo allora meglio non imbalsamarlo in una unica postura, tanto più se questa è così sfavorevole per la nostra schiena come quella ad angolo retto delle nostre sedie tradizionali. “Qualsiasi postazione di lavoro deve lasciare libertà di movimento, di cambiamento”, conferma Luigi Bandini Buti, docente di Ergonomia alla Facoltà di design del Politecnico di Milano e autore di Ergonomia degli uffici, Edizioni Il Sole 24 Ore. “ Il corpo umano non ha niente a che fare con l’immobilità e persino durante la notte, mentre dormiamo, cambiamo posizione dalle 30 alle 50 volte. Per questo la migliore sedia è quella che non impedisce il movimento che permette per esempio di stirarsi, o di mettersi in qualche posizione un po’ strana come a gambe incrociate. Insomma di aggiustarsi continuamente”.
In Chair, Galen Cranz parla di “body conscious design”, un design basato sui bisogni del corpo, molto diverso da un design dove l’idea, l’immagine prevale sulla sensazione. L’immagine crea facilmente illusioni. Una bella poltrona soffice, per esempio che ci accoglie e ci avvolge come una culla, può sembrare molto riposante. Ma in quella postura a C non ci accorgiamo che il nostro respiro collassa, riduce l’ampiezza, proprio perché tutte le catene muscolari anteriori e gli organi vengono compressi in una posizione completamente innaturale. E con un respiro ridotto, invece di rigenerarci, perdiamo vitalità.
Alcune linee guida per sedersi meglio.
Come un paio di scarpe. Meglio sceglierla non solo per il design, ma provando e riprovando come si fa per le scarpe. Lo standard infatti non si addice al corpo.
L’altezza della seduta innanzitutto. Una sedia troppo alta blocca la circolazione all’altezza del ginocchio, una troppo bassa comprime le articolazioni delle anche e inverte la naturale curva lombare stressando la colonna. In una sedia “giusta” i piedi devono appoggiare bene al pavimento.
Il peso sulle ossa e non sui glutei. Il peso del corpo deve sempre essere sostenuto dalle ossa, mai dai muscoli che altrimenti rovinano le loro fibre perdendo elasticità e tono. E’ quindi importante imparare a sentire gli ischi, queste le piccole ossa su cui ci sediamo ed evitare sedili troppo imbottiti.
Spazio tra la seduta e lo schienale. Un supporto lombare continuo spinge l’osso sacro e il bacino in avanti, creando debolezza alla schiena. Per evitare la postura a C è meglio scegliere una sedia che lascia tutto spazio per i glutei.
Una sedia per legge. In ufficio, chi lavora al computer e ha l’impressione di essere sulla sedia sbagliata, può avvalersi della legge 626 del 94 che prevede seggiole regolabili sia per l’altezza che per la posizione dello schienale.