Perché gli spazi ci modellano
Le nostre identità sono più o meno malleabili, e dunque cambiamo a seconda di coloro — e a volte di ciò — che frequentiamo.
La compagnia di certe persone può esaltare la nostra sensibilità e generosità; quella di altre, la nostra competitività e invidia. L'ossessione di A per lo status e la gerarchia sociale può — anche se impercettibilmente - spingere B a dubitare di se stesso. Oppure la spiritosaggine di A può aiutare il senso dell'umorismo di B, rimasto finora inespresso, a emergere. Ma portate B in un ambiente diverso e anche le sue ansie cambieranno in funzione dei nuovi interlocutori.

Cosa possiamo dunque aspettarci che accada all’identità di una persona in presenza di una cataratta o di una montagna, di una quercia o di una celidonia, oggetti in fondo privi di coscienza e perciò – apparentemente, almeno – incapaci di incoraggiare o censurare i comportamenti umani? Per arrivare al nocciolo della fede di Wordsworth negli effetti benefici della natura, anche gli oggetti inanimati sarebbero in grado di esercitare un’influenza sull’ambiente circostante. Gli scenari naturali hanno il potere di evocare particolari valori – le querce la dignità, i pini la risolutezza, i laghi la calma – e di ispirarci quindi, in modi assai sottili, la virtù.

A. De Botton