Il problema è che la città non è uno spazio della mobilità, ma è uno spazio della convivenza. Le strade non sono fatte per essere percorse velocemente in macchina, ma per incontrarsi, per discutere, per innamorarsi, per fare la democrazia, per costituire quello di cui è fatta la quotidianità urbana, un misto di occasioni tra conosciuti e sconosciuti.
Quando accade un incidente, c’è sempre qualcuno che dice: ma dove andava per avere tanta fretta? E viene dichiarata una grande verità. Il sistema del traffico ci costringe ad avere mete e a non godere della città, ma a trasformarla in un sistema di mete, come una partita a rugby o a golf.