La casa zen
Perchè una casa zen è come una barca da regata.

Quando parlava dell’oriente, Eric tornava a poche parole chiave: chiarezza, ordine, logica, pulizia, spazio. Trovava simili qualità nel sushi che mangiava, nella scatola nera di lacca dove era servito il cibo, nella freschezza dei bastoncini di legno, nell’atmosfera tranquilla del ristorante. Aveva osservato aspetti simili nei templi di Kyoto, nella calligrafia dei maestri Zen e nelle poche poesie haiku a cui aveva osato avvicinarsi.

Mentre una cameriera in kimono versava loro del tè, continuò:

«II mondo è così affollato e complesso… quello che mi piace dell’estetica orientale è che sembra esserci spazio e razionalità. Ho fatto fare il mio appartamento in questo modo perché volevo poter tornare a casa dal caos dell’ufficio e trovarmi in un’oasi. Se ogni cosa risponde a un progetto razionale, non c’è posto per la polvere e per lo sporco o le cianfrusaglie: tutto deve essere in ordine. Volevo una casa dove niente fosse superfluo. Da bambino andavo a vela, e quello che impari sulle barche da regata è che ogni cosa a bordo è là per uno scopo, perché non c’è posto per il carico inutile».

A. De Botton
Dal libro: Il piacere di soffrire[:de]Dal libro Il piacere di soffrire[:fr]Dal libro Il piacere di soffrire[:es]Dal libro Il piacere di soffrire[:nl]Dal libro Il piacere di soffrire[:sk]Dal libro Il piacere di soffrire