Credevano che, lungi dal corrompere e dall’essere un’oziosa debolezza da decadenti, un ambiente ricercato potesse spronare alla perfezione. Un bell’edificio poteva rendere più determinati a coltivare il bene.
Al di là di queste affermazioni un’altra sorprendente convinzione stabiliva un’equazione tra l’ambito dell’etica e quello dell’estetica. Si riteneva che la bella architettura fosse la traduzione del bene in un linguaggio non verbale, mentre quella brutta era una versione materiale del male. Così una maniglia dalle linee semplici può servire a ricordarci le virtù della sobrietà e della moderazione, proprio come la posa delicata di una lastra di vetro nella cornice di una finestra potrebbe essere un velato sermone sul tema della gentilezza.