L'architettura traduce
Qualsiasi oggetto di design
trasmette un’idea degli atteggiamenti
psicologici e morali che rappresenta.
La bella architettura come traduzione del bene in un linguaggio non verbale.
Agli albori sia del Cristianesimo sia dell’Islam i teologi facevano affermazioni a proposito dell'architettura che a un orecchio moderno possono sembrare cosi insolite da meritare un attento esame: suggerivano che la bellezza degli edifici ha il potere di migliorare moralmente e spiritualmente le persone.

Credevano che, lungi dal corrompere e dall’essere un’oziosa debolezza da decadenti, un ambiente ricercato potesse spronare alla perfezione. Un bell’edificio poteva rendere più determinati a coltivare il bene.

Al di là di queste affermazioni un’altra sorprendente convinzione stabiliva un’equazione tra l’ambito dell’etica e quello dell’estetica. Si riteneva che la bella architettura fosse la traduzione del bene in un linguaggio non verbale, mentre quella brutta era una versione materiale del male. Così una maniglia dalle linee semplici può servire a ricordarci le virtù della sobrietà e della moderazione, proprio come la posa delicata di una lastra di vetro nella cornice di una finestra potrebbe essere un velato sermone sul tema della gentilezza.

A. de Botton
dal libro: “Architettura e felicità”