Quelli che vi si aggirano avvertono chiaramente che il focolare è senza vita e, inevitabilmente, che la persona che vi si dedica si vede attribuire un ruolo di serva, piuttosto che quello di Vesta.
Qualche anno fa mi sono interessata all’architettura per sviluppare la competenza necessaria per costruire la mia casa in campagna. È stata un’esperienza affascinante ma anche sconvolgente: affascinante vedere come le decisioni che riguardano la sistemazione dello spazio possano influenzare i rapporti umani e sconvolgente constatare fino a che punto l’architettura moderna sia dominata da valori maschili. Questa povertà di punti di vista è aberrante quanto una ginecologia diventata un fatto di uomini. Il ventre e la casa: l’uno e l’altra territori alienati della femminilità che bisogna tuttavia abitare in due, uomini e donne.
Se c’è un femminismo che ci fa uscire di casa, non ci sarebbe posto anche per un femminismo che ci faccia rientrare nelle nostre case, perché queste ci riflettano e ritrovino un’anima?
Un’architettura ispirata a Vesta presuppone una sistemazione dello spazio che parta da un centro. L’architettura moderna, specialmente nell’America del dopoguerra, è quasi completamente rivolta verso l’esterno, sicché la maggior parte delle case chiamate “famigliari” sono in realtà “antifamigliari”. Man mano che l’esterno (la strada, le automobili, il rumore…) è diventato più ostile, l’interno, invece di raccogliersi in se stesso e rafforzarsi, si è sfaldato, mentre la facciata è stata esposta “in vista”.
Spesso l’ornamentazione più elaborata si trova nel parterre davanti alla casa, che nessuno frequenta. Così il salotto, che serve alla vita sociale più che alla vita famigliare, in molte case è più spazioso e lussuoso delle stanze abitate da tutta la famiglia. Per quel che riguarda la cucina, per molto tempo un universo di donne e bambini, solo recentemente ha ricevuto un’attenzione pari a quella attribuita alle stanze “nobili” della casa.