Non tutti i festini sono dionisiaci. Certi riti gastronomici esigono un servizio sofisticato, con sette coperti, la tovaglia bianca, la porcellana fine, una successione elaborata di vini e liquori, un certo formalismo nell’abbigliamento… Niente di tutto ciò nel festino dionisiaco: rustico, rumoroso, disinvolto, il vino vi scorre a fiumi, ci si serve con le mani, si strappa il pezzo con i denti, ci si lecca le dita… Si è spinti all’eccesso, anche perché ciascuno ha portato più cibo di quanto ne possa mangiare.
Ma la buona carne, se non si accompagna a periodi di digiuno, di “quaresima”, perde il suo carattere dionisiaco; non appena l’appetito è sostituito dalla bulimia o dalla sovralimentazione cronica, il dionisiaco sparisce perché non c’è più intensità nell’appetito. Le feste di Dioniso erano precedute da digiuni. Il dio e i suoi adepti si ricostituiscono l’appetito con il digiuno, come Afrodite rinnova la sua verginità con un bagno sacro nel mare.